Sabato è stata inaugurata la trentesima stagione espositiva del Museo d'Arte Italiana, il museo d'arte contemporanea con sede al castello di Rivara. Franz Paludetto, con una serie di nuove installazioni, vuole segnare una nuova tappa nella vita dell'istituzione, "suggerendo, trent'anni dopo, una chiusura di quel cerchio che si iniziò a tracciare nell'85". In quell'anno infatti, con l'amico Aldo Mondino, iniziò un progetto ambiziosissimo e proprio per questo incredibilmente difficile: rimettere in sesto il castello di Rivara per renderlo il centro della sua attività di gallerista. Il castello era in uno stato pietoso, provato da anni di incuria e dalle continue razzie dei rivaresi e non solo. I segni di ciò si possono ancora vedere nella "camera del Pittara", l'unica con i nomi di tutti i pittori del cenacolo, che deve essere puntellata per non crollare ed è stata spogliata, negli anni, di qualsiasi cosa che fosse a portata di mano.
130 anni prima dell’ 85 la storia del castello e quella dell'arte si erano già incontrate una volta, quando "l'istrionico artista e intellettuale Carlo Pittara, innamoratosi del luogo, chiamava a sè un cenacolo di artisti provenienti da diverse parti di quella che da lì a poco sarebbe stata l'Italia e da altri Paesi europei, dando vita a un vero e proprio movimento artistico e culturale di respiro internazionale". L'allestimento del castello è diviso in tre parti: la parte vecchia in cui sono esposte le nuove room instalation e alcune mostre permanenti, le scuderie in cui sono ospitate le temporanee (adesso una di Francesco Sena) e la parte nuova dove sono esposte soprattutto le fotografie che raccontano le performance tenute da importanti artisti (come Herman Nitsch) nelle gallerie di Franz.
L'idea di questa stagione espositiva è quindi quella di tirare le somme di questi trent'anni e di ciò è stato fatto esponendo il maggior numero possibile di opere che in questi decenni si sono accumulate nel castello, come La Fuga di Maurizio Cattelan. Gianluca Quarelli, sindaco di Rivara, presente in rappresentanza del Comune, e simbolicamente dell’intera cittadinanza, commenta con entusiasmo: “E' importante la continuità di questi 30 anni. Soprattutto ora, in un contesto di particolare difficoltà economica, che si ripercuote anche sul mondo dell’arte, il castello permette di portare importanti artisti sul territorio”. Franz Paludetto, nel ricordare l’importanza della sua esposizione, in particolare la parte fotografica sulle performance, che è quasi senza eguali al mondo, rimarca come sia per lui molto importante tenere aperto in settimana in orario scolastico in modo da permettere visite guidate che avvicinino i bambini al mondo dell’arte.
Un cerchio che si chiude ma anche una grande dimostrazione di vitalità e intraprendenza, che fanno pensare che, anche dopo questi trent'anni, la storia del Museo di Arte Italiana sia ancora ben lontana dalla sua conclusione. (pf)