CASELLE - «Cuoco. Che bella parola: cuoco». E’ una delle celebri battute del grande Totò in uno degli sketch più famosi del film commedia «Miseria e nobiltà». Proprio un cuoco e anche un ristoratore è Roberto Sciarrillo, titolare del ristorante casellese «Totò e Peppino».
Il 55enne imprenditore, originario della Campania, ha vinto, in primo grado, la causa civile con i nipoti dell’artista napoletano, che gli imputavano di aver usato senza esserne autorizzato il nome del «Principe della risata» per il suo locale, inaugurato nel 2015. Sebbene ci sia una precedente sentenza del Tribunale di Torino, che riconosce agli eredi di De Curtis il diritto di tutelare l’immagine di Totò, il giudice ha stabilito questa volta che il ristorante di strada dell'Aeroporto non dovrà cambiare nome, come invece successo ad altre attività, alcune pure vicine all'alto Canavese.
Ad evitare il restyling dell’insegna di «Totò e Peppino» è stata decisiva una perizia calligrafica su una dedica sopra un premio fatta nel 2015 proprio dalla figlia di Totò, Liliana De Curtis, e ricevuta da Roberto Sciarrillo tramite suo fratello Giovanni, parrucchiere per il mondo della televisione. L’imprenditore casellese ha dovuto, tuttavia, cancellare dal locale i riferimenti alla poesia dell’attore partenopeo «‘A livella».
«Ho creato tanto rumore, come ristorante denunciato dagli eredi di De Curtis. Da quel giorno ho ricevuto messaggi da tutta Italia da parte di colleghi che hanno cambiato nome al loro ristorante, hanno ricevuto diffide e hanno dovuto pagare somme di denaro per risarcimento – ha commentato sui social Roberto Sciarrillo - altro che salvaguardare la memoria del loro nonno. Nel 1967 morì l’uomo, nel 2024 uccidono il personaggio».