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CASTELLAMONTE - La Corte di Cassazione riapre la partita del debito Asa ora che gran parte dei Comuni era ormai convinta di aver evitato il pagamento del salatissimo conto. I giudici della Corte suprema, infatti, hanno ribaltato le sentenze del 2018 e del 2019 a favore dei soci del consorzio fallito, affossato da una settantina di milioni di euro di debiti. Risultato: c'è di nuovo il concreto rischio che il conto lo debbano pagare i Comuni soci. Al netto delle cessioni pre-causa, c'è un buco da sanare di 37 milioni di euro.

La Cassazione ha deciso che l'interpretazione delle leggi che ha portato alla nullità del «lodo-Asa», che ne avevano dato i giudici d'Appello, era sbagliata. Nel senso che il divieto di ripianare le perdite da parte degli enti pubblici non si sarebbe dovuto applicare ai consorzi (come l'Asa) ma solo alle società partecipate. Risultato: la sentenza è una pietra tombale sulla linea difensiva dei Comuni. E ora il processo torna in Corte d'Appello per un nuovo giudizio.

Insomma, a 14 anni dal fallimento del consorzio del Canavese, il finale di questa storia è ancora tutto da scrivere. A stracciare l'accordo transattivo con l'allora commissario dell'Asa, Stefano Ambrosini, erano stati i piccoli Comuni della zona, convinti di poter vincere in tribunale. Due sentenze a favore avevano ringalluzzito i primi cittadini contrari al pagamento dei debiti. Ora la Corte di Cassazione ha riaperto la partita. E potrebbero essere dolori...