CORIO-BALANGERO - Proseguono nel rispetto dei tempi concordati le attività previste dal nuovo accordo di programma per la bonifica del sito di interesse nazionale dell'ex Miniera di amianto di Balangero e Corio. Martedì 16 luglio la società a partecipazione pubblica RSA, che si occupa delle operazioni per restituire alla comunità locale il sito adeguatamente risanato e rimesso in sicurezza, ha organizzato una visita guidata all’ex complesso minerario, a cui hanno preso parte in rappresentanza della Città metropolitana di Torino i Consiglieri Sonia Cambursano e Alessandro Sicchiero, delegati la prima alle attività produttive, allo sviluppo economico e alla pianificazione strategica e il secondo all’ambiente, alle risorse idriche e alla qualità dell’aria.
La visita ha offerto ai responsabili della RSA e dell’Arpa l’occasione per illustrare ai rappresentanti della Città metropolitana, ma anche della Regione Piemonte, del Ministero dell’ambiente e delle amministrazioni comunali interessate lo stato di avanzamento dei lavori, che consentiranno a fine anno di restituire bonificati circa due terzi dell'intera superficie di 310 ettari del sito e permetteranno di valutare le prospettive per il futuro sviluppo dell'area, orientato verso la creazione di un polo di produzione energetica ecosostenibile e innovativa. Legittima quindi la soddisfazione espressa dal presidente della RSA, Giovanni Battista Poma, il quale ha annunciato che, insieme ai Comuni interessati, si sta lavorando alla costituzione di una comunità energetica che nell’ex Amiantifera produrrà corrente elettrica installando pannelli fotovoltaici e una centralina idroelettrica, ma che giocherà inoltre le importanti scommesse della produzione di idrogeno e del recupero di materiali utili ancora presenti nell’ex stabilimento in cui l’amianto veniva lavorato e confezionato. Ascoltando i responsabili di RSA e gli amministratori locali come il Sindaco di Balangero, Franco Romeo, si delinea il quadro di un ex complesso minerario in cui già oggi si riesce a far procedere di pari passo la cucitura delle ferite del passato e la costruzione di un futuro economico e sociale eco-compatibile.
Nei siti dell’ex miniera a gradoni e della gigantesca discarica sono depositati 60 milioni di metri cubi di rocce che venivano scartate per l’insufficiente concentrazione di fibre di amianto, delle nuove attività produttive e anche della valorizzazione dei percorsi escursionistici nelle aree a maggiore valore ambientale e paesaggistico.
Intervenendo all’incontro i Consiglieri Cambursano e Sicchiero hanno ribadito l’apprezzamento della Città metropolitana di Torino per il lavoro che si sta portando a termine, ma anche l'impegno dell’Ente a sostegno delle ulteriori attività di bonifica del sito della ex Amiantifera. L’Ente di area vasta, infatti, da tempo mette a disposizione del territorio alcune professionalità altamente specializzate e fortemente impegnate nel perseguimento degli obiettivi della RSA. Il Consigliere Sicchiero ha sottolineato che «la più grande cava di amianto all’aperto mai realizzata e gestita in Europa è un esempio delle criticità e delle sfide con cui ci troviamo a confronto quando si parla di siti industriali dismessi ad alto impatto ambientale. Qui è accaduto e sta accadendo quello che sempre dovrebbe succedere quando si dismette e si risana un sito industriale a rischio. Perché negli ultimi 20 anni, cioè da quando la RSA ha acquisito l’area e ha avviato il progetto di messa in sicurezza e risanamento, a Balangero molte cose sono cambiate. L’ex miniera di amianto non è più la bomba ecologica che tante preoccupazioni creava alla popolazione locale e agli amministratori pubblici. Oggi il territorio in cui sorgeva e operava la cava di amianto è monitorato ed è sotto controllo».
Gli incoraggianti dati derivanti dai campionamenti quotidiani sull’aria nell’ex complesso industriale confermano infatti che per ogni litro potenzialmente inalato da un visitatore dell’area il numero di fibre di amianto presenti varia da 0,2 a 0,4. Il basso livello di rischio a cui si espone chi oggi lavora nell’area potrebbe essere la premessa di una modifica dei rigidi protocolli di sicurezza attuali? Questo si vedrà e si deciderà nei prossimi anni, perché oggi nell’area non si entra senza indossare una tuta con cappuccio e una mascherina FP3 che impediscono alle fibre di amianto eventualmente presenti di entrare in contatto con le vie respiratorie.
I dati incoraggianti forniti dall’Arpa sono indicatori importanti della validità dei progetti e delle azioni concrete e verificabili per la riqualificazione dell’area a scopo economico, sociale e ambientale. Come detto, alla fine di quest’anno anno i due terzi dell’area interessata dalla contaminazione da fibre di amianto potranno essere considerati come definitivamente messi in sicurezza. Intanto, gli impianti e i macchinari dismessi sono stati definitivamente acquisiti da un soggetto pubblico, la RSA, che ora può avviare gli interventi di bonifica e di decommissioning degli stabilimenti, così come la bonifica e la riqualificazione delle vasche fanghi e del bacino di coltivazione dell’ex cava mineraria.
I materiali contaminati saranno ricollocati all’interno di un volume confinato individuato nel sito stesso, che è di imminente realizzazione e che è stato oggetto di un’autorizzazione integrata ambientale da parte della Città metropolitana di Torino. Tale autorizzazione coinvolge anche le altre installazioni presenti nel sito e funzionali alla bonifica, l’impianto di depurazione delle acque contaminate e il deposito preliminare per i rifiuti pericolosi. «RSA ha operato e opererà per favorire lo sviluppo durevole e sostenibile dell’area, con la possibilità di avviare attività volte ad un nuovo utilizzo economico e al reinsediamento di iniziative produttive nell’ex Amiantifera. - ha commentato la Consigliera metropolitana Sonia Cambursano. - Sono obiettivi ambiziosi e importanti, che è giusto continuare a perseguire, concertando la loro realizzazione con la comunità locale e con gli amministratori pubblici che ne esprimono gli interessi e i diritti».
II giacimento sul monte San Vittore, tra Balangero e Corio, venne scoperto nel 1904 e negli anni successivi vennero eseguiti i primi studi per valutare e stimare la presenza di amianto nel sito e la consistenza del giacimento. Le attività di estrazione vennero avviate nella primavera del 1918. In seguito vennero potenziate le opere di scavo e ingranditi e ampliati gli impianti, con la costruzione di un nuovo edificio per la frantumazione e di un disintegratore a martelli oscillanti. Vennero anche migliorate le strade di accesso allo stabilimento. Negli anni e decenni successivi la produzione e la vendita di amianto aumentarono considerevolmente e l’Amiantifera divenne una realtà industriale all’avanguardia in Europa. Nel pieno del boom della produzione, nel 1983, l'Amiantifera di Balangero venne ceduta dalla Eternit e dalle Manifatture Colombo ai fratelli Puccini di Roma. Nel giro di 7 anni la società subì una grave involuzione e nel 1990 venne chiusa per fallimento, con il conseguente licenziamento dei dipendenti. Nel 1992 venne infine emanata la legge 257 con la quale si bandì in Italia l'uso dell'amianto sotto qualsiasi forma. L'articolo 11 del provvedimento indicava espressamente le modalità di risanamento della miniera di Balangero che, 32 anni dopo, è finalmente a buon punto.