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IVREA - Per la Corte di Cassazione quelle scritte su Facebook dall'ex assessore Giorgia Povolo erano frasi discriminatorie nei confronti degli zingari. Il processo civile a suo carico deve quindi ritornare in Corte d'Appello. La Suprema Corte ha annullato il processo di secondo grado nei confronti dell'ex assessore alle politiche sociali e ai sistemi educativi della città di Ivrea. Si ritornerà in Corte d'Appello, quindi, per riprendere il filo del discorso. Il caso di Giorgia Povolo, nel 2018, era diventato un caso nazionale e richiamò l'attenzione di moltissimi leader politici.

La vicenda, in realtà, era nata prima ancora della nomina di Giorgia Povolo ad assessore della giunta Sertoli, in quota Lega. Su Facebook aveva scritto due post piuttosto pesanti. Il primo nel quale insultava gli «zingari, non rom, ma zingari di merda, zecche e parassiti, capaci di spolpare tutto» dopo un furto subito dall'allora fidanzato, il secondo nel quale festeggiava la giornata dei rom chiamandoli «zecche che stanziano in campi abusivi».

Asgi, in quanto associazione legittimata dalla legge a promuovere giudizi contro le discriminazioni e le molestie razziali, aveva agito in giudizio, ma sia il Tribunale di Ivrea che la Corte d’Appello di Torino avevano rigettato il ricorso. Di diverso avviso i giudici della Cassazione secondo i quali «la molestia discriminatoria vietata dalla legge sussiste non solo quando la denigrazione è rivolta esclusivamente alla etnia, ma anche quando l’etnia viene associata a comportamenti delittuosi; e che inoltre qualsiasi manifestazione del pensiero, anche a mezzo dei social, deve essere rispettosa del criterio della “continenza” e non può mai ledere l’altrui dignità».

«Asgi esprime piena soddisfazione per questa decisione che mette un freno all’uso, così comune proprio sui social, di espressioni offensive contro i gruppi etnici di minoranza e pone le basi per costruire relazioni basate sul reciproco rispetto», fanno sapere dall'Associazione Studi Giuridici sull'immigrazione.