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LEINI - È stato un volo di dieci metri dal tetto del capannone in ristrutturazione ad essere fatale per Ramadan Abdelkarim Alaa Ragarb, l'operaio edile di 35 anni, residente a Torino, morto venerdì a Leini a seguito dell'ennesimo incidente sul lavoro. Faceva parte di una squadra incaricata, per conto di una ditta esterna, di montare un ponteggio sul capannone di via Edoardo Agnelli 20. Secondo le prime ricostruzioni, l'uomo stava camminando sul tetto dell'edificio quando lo stesso, a causa del peso, ha ceduto. A quanto pare non indossava protezioni. A quel punto i colleghi, tra i quali alcuni connazionali, anziché chiamare il 118 hanno preferito caricarlo in auto e portarlo direttamente al pronto soccorso del San Giovanni Bosco, a Torino. Le cure dei medici sono risultate inutili: alcune ore dopo l'arrivo in ospedale il 35enne è morto.

La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. I colleghi di lavoro, una volta al pronto soccorso, hanno spiegato ai medici che l'uomo non era rimasto vittima di un incidente in cantiere ma si era fatto male cadendo in casa. Una versione dei fatti che non ha per nulla convinto il personale sanitario: le lesioni e le fratture riportate dal 35enne, infatti, non erano compatibili con un incidente domestico. Sono stati proprio i medici del Giovanni Bosco ad allertare i carabinieri. Ieri mattina la procura, i carabinieri e i vigili del fuoco con i droni hanno effettuato un lungo sopralluogo al capannone, ora sotto sequestro. Secondo gli accertamenti, la vittima era dipendente nell'azienda di impalcature di proprietà di un parente. Da verificare, poi, se con un soccorso adeguato, tramite il 118, sarebbe stato possibile salvare l'operaio.

«Ramadan Ragarb Alaa Abdelkarim era un cittadino egiziano ed è purtroppo un altro dei tanti operai morti in un cantiere, in un subappalto del nostro territorio: a tutti gli effetti, siamo davanti all’ennesima tragedia che era evitabile fin dall’inizio - fa sapere la Cgil - in Piemonte, nel 2024, ci sono stati 67 infortuni mortali, di cui ben 31 a Torino e provincia. I motivi sono sempre gli stessi: sicurezza ignorata, regole eluse, responsabilità scaricate». Sarah Pantò, della segreteria Cgil Torino sottolinea: «A questa vittima sul lavoro per due volte non è stata riconosciuta la dignità che meritava: in primo luogo, quella che gli spettava mentre lavorava senza le giuste condizioni di sicurezza, e in un secondo momento quella che gli spettava quando è stato abbandonato al pronto soccorso di un ospedale dai suoi colleghi che hanno finto un incidente domestico, nascondendo un infortuni. Non serve piangere dopo ogni morto, servono controlli, pene severe e, soprattutto, un cambio di mentalità. Bisogna scardinare la logica del profitto e mettere la qualità del lavoro e la dignità di lavoratrici e lavoratori al primo posto, sul territorio torinese così come in tutta Italia».