LOMBARDORE - Diciotto anni dopo il primo esposto per il rumore, si chiude (per ora) la vicenda giudiziaria che ha visto contrapposto l'autodromo di Lombardore e una serie di residenti della zona. La Corte di Cassazione, infatti, ha respinto l'ultimo ricorso presentato dall'azienda che gestisce l'impianto, confermando quanto già disposto dalla Corte d'Appello nella sentenza del 2018, in parte già deciso nel 2014 dal tribunale torinese che già allora diede ragione ai residenti senza però accogliere la richiesta di un risarcimento danni.

Il tribunale di Torino, in secondo grado, preso atto che il Comune di Lombardore ha approvato un nuovo piano di zonizzazione acustica, ha fatto svolgere ulteriori accertamenti secondo i quali risultavano rispettati i limiti indicati
dalla normativa di settore relativi alle immissioni durante il periodo diurno (l'impianto non operava di notte), ribadì la necessità di distinguere la legittimità delle immissioni e il limite della normale tollerabilità nei rapporti tra privati, fissato dalla giurisprudenza in 3 decibel rispetto al valore di fondo. 

Quindi, accertato che questo limite risultava sempre sostanzialmente superato, i giudici d'Appello, per bilanciare le esigenze dell'autodromo e il diritto alla salute dei residenti, ritennero legittimo il superamento dei 3 decibel nelle giornate di esercizio del circuito, in considerazione dello svolgimento dell’attività soltanto in una parte dell'anno e soltanto in alcuni giorni della settimana ed in orario diurno, ma fissò comunque in 5 decibel il limite insuperabile di immissioni sonore nelle proprietà dei residenti, imponendo alcune prescrizioni tecniche per mantenere entro questo limite le immissioni.

Contro quella sentenza la società titolare dell'impianto ha presentato ricorso in Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno però respinto l'istanza, confermando in pieno la sentenza della Corte d'Appello di Torino e condannando la società al pagamento delle spese a favore dei residenti di Lombardore.