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RIVAROLO CANAVESE - Hanno fatto tutto il possibile, ognuno nei rispettivi ruoli, e l'evento atmosferico, di quelle proporzioni, non era prevedibile, tanto più che non c'era nemmeno l'allerta meteo dell'Arpa. La Corte d'Appello di Torino, ribaltando la sentenza di primo grado del tribunale di Ivrea, ha assolto tutti per la morte di Guido Zabena, l'operaio di Favria annegato nel sottopasso per Feletto la sera del 2 luglio 2018. A processo, per omicidio colposo, erano finiti l'allora sindaco di Rivarolo Canavese, Alberto Rostagno, gli assessori Diemoz e Schialvino, il comandante della polizia locale Cavallo e il capo ufficio tecnico Colombo. Tutti condannati, in primo a grado, a dodici mesi di reclusione.

Al termine del processo d'appello, invece, sono stati tutti assolti: Rostagno e Diemoz perchè il fatto non costituisce reato; Schialvino, Cavallo e Colombo per non aver commesso il fatto. Caduti i tre motivi per i quali i cinque erano stati condannati. Intanto la manutenzione del sottopasso era stata correttamente eseguita e non c'era motivo per il quale gli imputati dovessero accorgersi di eventuali deficit strutturali del tunnel. «Appare incomprensibile e inspiegabile che ai cinque venga mosso questo rilievo - scrivono i giudici dell'Appello - quando la posizione di coloro che ne erano all'origine (progettisti, esecutori, collaudatori e direttore dei lavori), pur scrutinata nel corso delle indagini, è stata archiviata».

La mancanza di un piano di protezione civile è stata giudicata «irrilevante» in merito a quello che è successo. E sull'assenza di altri mezzi (come una sbarra) per impedire l'accesso alle auto in caso di allagamento (sbarra e semaforo sono stati installati dopo la tragedia ndr), i giudici hanno sottolineato che un'eventuale ostacolo supplementare sulla strada avrebbe probabilmente evitato la tragedia. Tuttavia, in questo specifico caso, ne avrebbero dovuto rispondere solo Rostagno e Diemoz. Mancando, però, la certezza processuale della prevedibilità dell'evento, anche sindaco e vice sono stati assolti.

Non potevano ipotizzare che quella sera il sottopasso si sarebbe allagato così velocemente e che, nell'intera vicenda, si sommassero altri eventi «difficilmente prevedibili». Ovvero la condotta alla guida della vittima e il ritardo nell'arrivo dei vigili del fuoco, dal momento che alla chiamata al 112 da parte di alcuni passanti, la centrale operativa inviò sul luogo dell'intervento non la squadra di Rivarolo, che era nei paraggi (benchè impegnata in un altro intervento), ma quella di Ivrea, che impiegò molto più tempo a raggiungere il tunnel.

«Sussiste quindi un ragionevole dubbio sulla prevedibilità dell'evento - scrivono in conclusione i giudici nelle motivazioni della sentenza - che è stato il frutto, oltrechè di un evento atmosferico di dimensioni eccezionali per il quale era mancata ogni segnlazione di pericolo, di una condotta irrazionale e colposa della vittima e di un intervento di soccorso affidato a una squadra di professionisti che si trovava a qualche distanza dal luogo dell'allagamento».