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VOLPIANO - Il secondo grado del processo Platinum sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta tra Volpiano e Chivasso si è concluso con tre condanne e due assoluzioni. La Corte di appello di Torino ha confermato le pene inflitte in primo grado ai fratelli Mario e Giuseppe Vazzana (rispettivamente 6 anni e 11 mesi e 6 anni e 8 mesi), e ad Antonio Agresta (10 mesi). Sono stati, invece, assolti da ogni accusa Domenico Aspromonte, condannato in primo grado a 6 mesi per la bancarotta dell’hotel La Darsena, e Paolo Busso, ispettore della polizia municipale di Volpiano.

Per quest’ultimo, scagionato da tutti gli addebiti, si tratta della fine di un incubo ad occhi aperti, iniziato nel maggio del 2021 e durato più di tre anni, fino alla recente sentenza di inizio ottobre. Il pm, Valerio Longi, aveva contestato a Paolo Busso due reati: l’abuso d’ufficio per sei multe irregolari intestate a Giuseppe Vazzana (condannato a 6 anni e 8 mesi) e un accesso abusivo al sistema informatico dell’anagrafe per avere fornito a Vazzana una informazione relativa ad un indirizzo di residenza di un ex collega. Per quanto riguarda le contravvenzioni con presunte irregolarità,  in tre di questi casi già il giudice di primo grado aveva pronunciato una sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste». Due di queste multe, come riscontrato dagli atti, sono addirittura risultate pagate. Per le altre tre sanzioni, attenzionate dal pm che aveva poi formulato l’accusa di abuso d’ufficio, Busso è stato assolto dalla Corte di Appello, che ha applicato i nuovi dettami di legge stabiliti dalla riforma Nordio in materia. Sempre la Corte d’Appello Torinese ha assolto anche dal secondo capo di accusa l’ispettore, il presunto accesso abusivo al sistema informatico, ritenendo non punibile il fatto perché giudicato «di particolare tenuità».

«E’ stato un incubo venire coinvolto in questa vicenda dopo tanti anni di lavoro al servizio dei cittadini – spiega Paolo Busso, che è stato difeso in aula dall’avvocato Gabriella Vogliotti – Finalmente, è emersa la realtà dei fatti: non ero quello che toglieva le multe al boss. Tra l’altro, quelle contestate non erano le uniche contravvenzioni prese da Vazzana. Ne aveva prese molte altre, tutte regolarmente pagate. Avrei discusso tranquillamente davanti alla Corte di Appello anche i tre verbali per cui sono stato accusato di “abuso d’ufficio”. Sono sicuro che sarei stato assolto indipendentemente dalla riforma Nordio. In un caso, per esempio, la mia colpa sarebbe quella di non aver ritentato la notifica non andata a buon fine la prima volta, quando tra l’altro era trascorso ben di più dei 90 giorni previsti dalla legge per poterlo fare. Come si legge anche nelle carte del processo, sia Giuseppe Vazzana che il cugino Mario confermano di non aver mai avuto trattamenti di favore dal sottoscritto, anzi di essere stati multati da me. Per quanto riguarda l’accesso abusivo, non serviva la qualifica di pubblico ufficiale per avere i dati di residenza delle persone iscritte alla anagrafe come indicato dalla legge. Infatti, chiunque può accedere a tali dati in modi diversi».

«Mi aspetto ora di riprendere in mano la mia vita, sia dal punto di vista professionale che personale – aggiunge Paolo Busso – Ringrazio il mio avvocato per il grande lavoro svolto, le persone che mi sono state accanto in questo periodo difficile. Sono dispiaciuto per i risvolti mediatici negativi per il Comune e dico grazie all’amministrazione comunale per aver valutato in modo oggettivo la mia situazione e i fatti. E’ stato un periodo davvero duro. Non auguro a nessuno quello che ho vissuto io in questi anni».