Galleria fotografica

BORGARO - L’uguaglianza di genere e l’inclusione sono tematiche sempre più attuali in ogni campo, compreso quello dell’informazione. Uno spunto di riflessione sullo stato dell’arte in questa importante ma delicata materia arriva dalla recentissima ricerca condotta dalla canavesana, Francesca Tampone, dottoranda di Analisi dei Processi Sociali e Economici dell’Università di Milano-Bicocca.

«Sono di Borgaro Torinese - spiega Francesca Tampone - ho una laurea triennale in Scienze Politiche e Sociali e una magistrale in Comunicazione Pubblica e Politica in Magistrale all’Università degli Studi di Torino. Negli anni dell’università ho sviluppato un forte interesse per come vengono rappresentate le pari opportunità all’interno dei media, focalizzandomi soprattutto sulle questioni di genere, adottando anche la prospettiva intersezionale (prospettiva che mette in evidenza come le intersezioni tra diversi aspetti che compongono la nostra identità, come genere, etnia, disabilità, possano contribuire a diversi livelli di discriminazione). Grazie alla collaborazione con la professoressa Marinella Belluati sono stata introdotta al mondo del giornalismo, in cui ho sviluppato degli studi nel giornalismo nazionale (Carocci 2021) e nell’informazione locale piemontese con i progetti di Violenza contro le donne: Azioni in Rete per prevenire e Contrastare (Varco), dell’Osservatorio Regionale Antidiscriminazioni (Ora) e attualmente nel mio percorso dottorale». 

Stiamo innegabilmente vivendo una rivoluzione culturale in materia di genere e di pari opportunità ci sono quotidianamente nuove battaglie e conquiste. Genere, pari opportunità e disabilità/inclusione sono tematiche che hai analizzato recentemente con cura, in relazione al mondo dell’informazione e dei media piemontesi, come hai spiegato nel tuo intervento all’ultimo Salone del Libro di Torino, Di che ricerca si tratta? Perché avete scelto, passando al setaccio circa diecimila notizie, queste tematiche principali? «Il progetto dell’Osservatorio Regionale Antidiscriminazioni – voluto dal gruppo piemontese di GiULiA e portato avanti dal Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino con il sostegno della Regione Piemonte – ha avuto come obiettivo l’indagine dell’informazione locale rispetto ai temi delle pari opportunità, specificatamente delle questioni di genere e quelle legate alle disabilità – spiega Francesca Tampone - i focus tematici sono stati scelti in virtù sia dell’impegno di GiULiA nella promozione di un giornalismo meno stereotipato, sia perché sono alcuni degli obiettivi della rimozione delle discriminazioni contenute nell’articolo 19 del Trattato del Funzionamento Europeo. Abbiamo analizzato circa 10.000 notizie pubblicate nel periodo che va dal primo luglio 2021 al 31 marzo 2022 da diverse testate cosiddette “tradizionali”, perché legate a sistemi di distribuzione tradizionali come la carta stampata e la televisione, dislocate nelle diverse province, ad eccezione, naturalmente, del Tgr Piemonte. Il monitoraggio dell’informazione locale è un utile strumento per comprendere come le discriminazioni vengono rappresentate e agiscono nelle microcomunità e nell’azione pubblica dei territori. Il giornalismo locale è per noi importante per capire gli effetti di inclusione o esclusione nelle politiche e nei discorsi pubblici sui temi dei diritti sociali e delle pari opportunità».

Che quadro emerge dal vostro studio? «Sono davvero molti gli aspetti che sono emersi da questa corposa e densa ricerca, quindi provo a evidenziarne solo alcuni. Innanzitutto, le tematiche di genere e quelle legate alle disabilità hanno attenzioni mediatiche molto diverse. Delle 9.952 notizie, per l’esattezza, 7.526 hanno riguardato le questioni di genere e 2.426 quelle di disabilità. Se per la prima l’attenzione è maggiore e la copertura è molto legata alle ricorrenze come il 25 novembre o l’8 marzo, per la seconda l’attenzione è inferiore e la copertura è più stabile nel tempo – specifica la giovane dottorande canavesana - Rispetto agli argomenti, alle policy di inclusione e alle diseguaglianze, emergano due modi di intendere l’approccio alle pari opportunità: di fatto sembra che sia più facile fare qualcosa per le disabilità, come ad esempio investire in risorse compensative per la rimozione delle barriere, senza quindi mettere a tema l’abilismo culturale nei confronti delle persone con disabilità. L’abilismo, per dirti, è talmente radicato che quando mai ci viene in mente “perché finora abbiamo concepito gli spazi senza considerare che ci sono persone che avrebbero difficoltà di accesso?”. Viceversa, si raccontano molto di più le questioni di genere, proprio perché è visto primariamente come un problema culturale delle nostre società, attraverso molte iniziative di sensibilizzazione, come le panchine rosse. Un’altra dimensione analizzata è quella di chi produce le notizie, e quindi abbiamo analizzato la differenza tra la presenza maschile (ancora molto importante) e quella femminile tra chi firma le notizie. Nonostante i giornalisti siano più presenti, le giornaliste hanno ottenuto dei risultati molto positivi, soprattutto nello scardinare alcuni stereotipi che le vedono, per esempio, fuori dal racconto delle notizie di politica, considerato ambito prettamente maschile. L’ultimo risultato della ricerca su cui voglio soffermarmi riguarda l’annosa questione del linguaggio, in particolare l’adozione del linguaggio di genere. In particolare, abbiamo analizzato la declinazione dei titoli e degli attributi coerente al genere di appartenenza della persona coinvolta nella notizia (come la declinazione femminile, es. sindaca). Nella maggioranza dei casi, le notizie hanno utilizzato correttamente il linguaggio, con una piccola prevalenza positiva delle notizie sul genere. Guardando alle notizie grammaticalmente scorrette in relazione al genere di chi ha firmato o curato il pezzo, si è osservato che le frequenze degli errori delle giornaliste sono uguali a quelle dei giornalisti (20% circa)».

Il nostro Canavese e la Provincia di Torino sono attente a queste tematiche? Quali differenze tra informazione locale e nazionale? «Nella scelta delle testate, purtroppo il territorio canavesano è rimasto escluso. In generale, guardando ai dati della provincia di Torino, si può dire che è sicuramente una provincia molto attenta alle pari opportunità (con 2.234 notizie analizzate sulle 9.952 totali), anche se tende a privilegiare molto di più la dimensione di genere rispetto a quella delle disabilità. Tuttavia, rispetto alle redazioni, abbiamo appurato che non è un virtuoso caso di presenza femminile nelle redazioni (attestandosi intorno al dato medio di 0,6 donne per ogni uomo) – puntualizza Francesca Tampone - dal momento che questa ricerca è stata condotta solo sul territorio piemontese, non abbiamo evidenze empiriche per notare delle differenze tra informazione locale e nazionale. Tuttavia, possiamo considerare, guardando anche ai dati italiani del 2020 del Global Media Monitoring Project a cui ho anche contribuito, che se ci sono elementi positivi che si stanno ponendo nel mondo dell’informazione, la strada per una maggiore inclusione e una maggiore parità nel giornalismo - tra i contenuti, i discorsi e una maggiore diversity nelle redazioni – è ancora molto lunga e irta di insidie, come la precarizzazione del lavoro e l’impatto della digitalizzazione nel mondo dell’informazione».

Frida UniTo e CIRSDe presentano Il podcast che racconta le battaglie e le conquiste del femminismo del nuovo millennio attraverso la voce di attiviste e studiose. Tu sei tra queste. Ci racconti qualcosa anche di questo progetto? «Il podcast Femminista si diventa!, che ha visto la mia partecipazione in qualità di conduttrice, è stato realizzato per raccontare le battaglie e le conquiste del femminismo del nuovo millennio, attraverso la prospettiva dell’intersezionalità, in cui le istanze per la parità di genere si incrociano con quelle del decolonialismo, dell’anticapitalismo, della lotta all’abilismo e con quelle dell’ecologismo e dell’antispecismo. Andando in onda al mattino sulle principali piattaforme di streaming audio, abbiamo concepito il podcast come una sorta di allenamento quotidiano per imparare a riconoscere le ingiustizie e le discriminazioni generate da un sistema sociale fortemente patriarcale e lasciandoci al contempo ispirare dalle storie di autodeterminazione e dalle battaglie collettive». 

Quali passi in avanti servono ancora per poter parlare di vera inclusione e parità di genere? «Beh, bella e complessissima domanda. Occorrerebbe intervenire su un sacco di fronti, per cui nel mio piccolo, provo a contribuire con alcuni spunti che penso siano importanti per strutturare una società più aperta ed accessibile, cercando idealmente di dare dei suggerimenti concreti. Innanzitutto, credo che sia molto importante riconoscere pubblicamente che il lavoro di cura sia ancora oggi per lo più in capo alle donne, per cui occorrerebbe formulare delle policy che permettano di meglio bilanciare le responsabilità dell’ambito privato. Penso quindi a maggiori finanziamenti per scuole e asili pubblici, ma anche di strutture adatte e percorsi per persone con disabilità, per non parlare delle strutture di ricovero per persone anziane di modo che le donne non debbano rinunciare del tutto o in parte alla loro carriera lavorativa o al loro tempo di vita per ottemperare alla scarsità di offerta di servizi e spazi pubblici di cura – conclude Francesca - Dal mio percorso, inoltre, ho imparato che la violenza di genere è la punta dell’iceberg di un sistema sociale che si basa su profonde gerarchizzazioni di potere, che, forse sorprendentemente, si imparano sin dalla tenera età. Quindi credo che sia opportuno investire culturalmente sulle nuove generazioni, creando dei percorsi dai primi livelli scolastici di educazione alla cittadinanza, al rispetto interpersonale, all’affettività, e non solo».