RIVAROLO CANAVESE - Sala consiglio gremita, venerdi sera, per la presentazione del libro «Via con te», scritto dalla giornalista e insegnante Francesca Dighera. Un libro appassionato e commovente con il quale l'autrice ha voluto ricordare i genitori, Osvaldo e Liliana, vittime, poco più di un anno fa, della furia omicida di Renzo Tarabella, il pensionato di Rivarolo Canavese che, nell'alloggio di corso Italia, il 10 aprile, li freddò dopo aver sparato alla moglie Maria Grazia Valovatto e al figlio disabile Wilson.
Una storia atroce che Francesca Dighera ha ripercorso nel raccontare la genesi del libro, dedicato alla figlia Caterina e a quello che sarà il futuro. «Via con te è nato proprio per non dimenticare - ha spiegato l'autrice intervistata dal giornalista de La Stampa, Giampiero Maggio - il tempo, si sa, è un anestetico per il dolore ma io vorrei che, con me, si comportasse in maniera un po’ speciale. Così lo scrivere è diventato naturale per non perdere ricordi e particolari». Con grande coraggio e una forza d'animo innata, probabilmente sollecitata proprio dalla figlia Caterina, come lei stessa ha più volte ripetuto, Francesca Dighera sta cercando di voltare pagina: «Dico spesso che quella notte la mia prima parte di vita è finita. Da quel momento in poi ne è iniziata un'altra, completamente diversa». Tantissimi gli applausi del folto pubblico presente: spontanei e meritati.
Oltre alla commozione generata dal ricordo di Osvaldo e della maestra Liliana (che nel libro è ricordata anche da diversi ex alunni), la serata ha fatto il punto anche sulla vicenda giudiziaria. E l'autrice del libro, che non ha mai nominato Tarabella, dopo aver sottolineato di non essere disponibile ad alcun tipo di perdono, ha espresso la sua amarezza sul fatto che l'uomo, con tutta probabilità, non andrà a giudizio: «Speravo almeno ci fosse il processo e speravo di poter sentire da un giudice pronunciare parole di condanna. Così non sarà». Tarabella, infatti, era capace di intendere e volere quando ha commesso la strage ma oggi, anche a causa delle ferite che lui stesso si è inferto sparandosi al volto, non è in grado di stare in giudizio.








