RIVAROLO CANAVESE - Nella giornata di giovedì 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, è stato inaugurato a Rivarolo il totem commemorativo e un’area giochi nel parco del Castello Malgrà, in onore e in ricordo della famiglia Colombo.
La famiglia ha vissuto per qualche mese a Rivarolo Canavese, precisamente in Corso Indipendenza 31: è proprio qui, infatti, che il totem è stato posizionato. La famiglia, di origine ebrea, era composta dai genitori Alessandro, Vanda e dalla piccola Elena, di soli 10 anni. L’8 dicembre 1943, dopo aver tentato di fuggire dall’occupazione tedesca, i due genitori sono stati catturati e deportati ad Auschwitz, non facendo mai più ritorno. La piccola Elena invece, prima di raggiungere il campo di sterminio, è stata affidata per tre mesi ad una famiglia torinese e successivamente portata nel campo di transito di Fossoli. La mattina del 10 aprile anche lei giunge da sola ad Auschwitz e viene condotta lo stesso giorno nella camera a gas. Quello della piccola Elena è l’unico caso documentato nella Shoah italiana di un minore che ha dovuto affrontare da solo l’arresto, la deportazione ed infine lo sterminio.
Lo scoprimento del totem commemorativo è stato seguito dalle parole del Sindaco della città di Rivarolo, Alberto Rostagno: «Ci troviamo qui oggi, in Corso Indipendenza, per ricordare che proprio in questo luogo visse per qualche mese la famiglia Colombo, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz. Una storia tragica e drammatica, che la città di Rivarolo non vuole e non deve dimenticare. Il totem sul quale rimarrà impresso il ricordo di questa vicenda sarà la testimonianza di un ricordo drammaticamente reale. Siamo qui oggi per ricordare la nascita della nostra Repubblica e i valori che l’hanno fondata e per ricordare tutte quelle persone che, come la famiglia Colombo, hanno lottato e sofferto per garantire la libertà e la partecipazione che ad oggi ci rendono una società civile e che fa di noi una comunità».
L’intero evento è stato valorizzato dalle preziose testimonianze, volte a ricordare e donare un minimo di giustizia alla famiglia Colombo. Prende quindi la parola Gabriella Meaglia, insegnante e Presidente dell’ANPI, sezione di Rivarolo, Favria e Oglianico: «Siamo qui oggi non solo per celebrare la Festa della Repubblica, che ci accomuna storicamente come popolo, ma per condividere una memoria, che non è solo storica, ma è anche umana. Alessandro, Vanda, Elena: tre nomi, tre persone, tre vite che incrociano quelle dei nostri concittadini in uno dei momenti più bui della nostra storia, ovvero la dittatura fascista. La vita di questa famiglia, come quella di tante altre, perde il suo significato più autentico: costruire, crescere e sperare. Oltre questo portone Alessandro, Vanda ed Elena, sfollati da Torino per sfuggire dai bombardamenti, sperano di ritrovare la quiete della normalità».
E’ stato proprio in questa casa che la piccola Elena ha incontrato Bianca Ballesio, più grande di lei di nove anni. Bianca è stata per Elena un’amica, una sorella maggiore, alla quale ha probabilmente confidato il proprio incredulo dolore di bambina che deve rinunciare alla sua legittima e doverosa spensieratezza, tipica di qualsiasi infante. Proprio dal campo di Fossoli, Elena ha scritto all’amica Bianca la sua ultima cartolina, nella quale ha condiviso la speranza di riunirsi presto ai suoi genitori che, secondo lei, l’attendevano in Germania.
Laura Doglioni, figlia di Bianca Ballesio, commenta: «Elena è una bambina a cui ho voluto e voglio molto bene, benchè non l’abbia mai incontrata. Sono nata in questa casa alle mie spalle, dove i miei vivevano già da tempo, sei anni dopo la sua deportazione. Ho vissuto con Elena però, per tutta la vita: mia mamma me ne parlava sin da quando ero piccola e così mi sono abituata a viverla come una cara parente morta bambina, come una dolce presenza, una spina nel cuore di mia madre. La mia mamma ed Elena, in cui quei pochi mesi, si erano affezionate moltissimo. Mia mamma infatti chiese di poter tenere e nascondere Elena con sé, facendola passare come sua sorella minore. Ma genitori e figlia non vollero separarsi e si avviarono verso il proprio destino l’8 settembre del 1943. Nella primavera, dopo mesi di silenzi, arrivarono a mia mamma le ultime due cartoline postali dal campo di Fossoli».
Dopo aver appreso della conclusione della storia di Elena, Laura Doglioni ha fatto il possibile per cercare un parente della famiglia. E circa un anno fa, il familiare tanto atteso si è presentato alla sua porta, ovvero il nipote Fabrizio Rondolino. Dopo 78 anni, i due hanno potuto scambiarsi gli elementi mancanti di questa tragica storia: Laura ha restituito il tassello di quasi due anni di vita della sua famiglia, che lui ancora non conosceva; lei in cambio, ricevette le foto di Elena, le quali le hanno finalmente permesso di dare un volto alla piccola bambina.
Prende in ultima istanza la parola Fabrizio Rondolino: «Alessandro Colombo era fratello di mia nonna, aveva combattuto durante la Prima Guerra Mondiale. Subito dopo aveva aperto a Torino una piccola azienda che faceva imballaggi per dolciumi. Me lo sono immaginato come un tipo allegro, che amava la vita. Il 5 giugno 1933 nacque Elena, una bambina determinata e molto vivace. Insieme a mio padre, Elena prendeva lezioni di piano. Sono molto legato a Rivarolo Canavese, in quanto rappresenta l’ultimo posto in cui loro hanno vissuto in condizioni di libertà».
Elena è stata costretta ad affrontare questa tragedia in perfetta solitudine: normalmente le famiglie venivano deportate tutte insieme, unico elemento di conforto probabilmente. La piccola invece è stata arrestata da sola, prima portata a Fossoli e successivamente caricata su un carro bestiame, che dopo cinque giorni e cinque notti di completa solitudine e privata di cibo e acqua, l’ha condotta al suo atroce destino. All’evento commemorativo hanno presenziato anche alcuni ragazzi delle scuole rivarolesi, gli insegnanti, le Associazioni cittadine, la Filarmonica Rivarolese, i consiglieri comunali, le autorità civili, militari e religiose ed il sindaco di Forno Canavese. (G.C.)