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SALASSA - E’ stato un 25 Aprile partecipato, sentito e commosso quello vissuto venerdì scorso a Salassa. In occasione della Festa della Liberazione, l’amministrazione comunale, guidata dalla sindaca, Roberta Bianchetta, ha inaugurato una bellissima e suggestiva opera in ceramica e un’interessante mostra, nei locali dell'ex asilo, incentrata sulla storia di due giovani partigiani salassesi, Lanfranco Chiaventone e Giovanni Tamietti. Un percorso toccante tra oggetti, fotografie e testimonianze personali messe a disposizione da parte dei familiari di Chiaventone e Tamietti.

«Il 25 Aprle è un giorno da festeggiare, da ricordare, da non dimenticare – ha commentato la sindaca salassese - Abbiamo ripercorso le storie di due giovani partigiani Salassesi, le cui vite hanno preso strade diverse, Chiaventone partigiano in montagna, Tamietti staffetta in pianura, entrambe però spezzate troppo presto, ma in loro ardeva il desiderio di libertà. A questi due giovani partigiani e a tutte le persone Salassesi che sono cadute nei campi di concentramento o che hanno contribuito con un piccolo gesto alla Resistenza abbiamo reso omaggio con un tributo in ceramica che rappresenta un campo di papaveri, un fiore forte, l’unico che cresce anche nei campi di battaglia, realizzato dalle straordinaria artigianalità da Roberto Perino e dalla ditta La Castellamonte e un contributo in occasione dell’80 anniversario della Liberazione di Città Metropolitana di Torino».

«Lanfranco Chiaventone nacque a Salassa, il 21 giugno 1928. Era conosciuto con il nome di battaglia "Leone". Il 16 aprile 1944, a soli 16 anni, lasciò la sua famiglia, la mamma Domenica, il papà Giovanni e i fratelli Carlo e Livio, il suo paese natale e il lavoro di operaio per unirsi a la lotta di resistenza. Lanfranco entrò a far parte della 49ª Brigata Assalto Garibaldi “Domenico Viano” – IV Divisione Garibaldi. Il suo ruolo iniziale fu quello di staffetta. Lanfranco, giovane e determinato, si distinse per la sua audacia – racconta Roberta Bianchetta - Nel settembre del 1944, Lanfranco partecipò alla più lunga delle battaglie avvenute sul Monte Soglio, dove fu ferito gravemente da una scheggia di granata, ma non si arrese, nonostante il suo stato, rifiutò il soccorso dei compagni e decise di continuare a combattere, facendo fuoco sul nemico, trascinandosi verso l'Alpe del Conte, dove perse la vita. Il coraggio di Lanfranco Chiaventone non passò inosservato, gli vennero conferite due medaglie al valore militare: una medaglia di bronzo nel 1949, rettificata in medaglia d'argento il 24 dicembre 1954, come bell’esempio di ardimento e di altruismo, ardente di amor di Patria. Lanfranco “Leone” non ha partecipato alla festa della Liberazione, non ha vissuto la vittoria ma ha dato la vita perché l’Italia, un giorno potesse far festa».

«Giovanni Tamietti nacque a Salassa il 4 ottobre 1923. A soli ventuno anni, aderisce con grande slancio al movimento della Resistenza, entrando a far parte della 49ª Brigata Garibaldi come staffetta – conclude la prima cittadina salassese - I fatti della Lotta di Liberazione per il territorio di Salassa sono legati soprattutto alla sua collocazione su una importante strada di collegamento tra Torino e le Valli Canavesane, dove operavano importanti formazioni partigiane. Tradito da qualcuno, Giovanni viene catturato alla fine del luglio 1944 sulla via centrale di Salassa. Dopo la cattura, viene trasportato nella palestra delle scuole, dove subisce per tre giorni e due notti pesanti torture fisiche, gli vengono fatte orme sul corpo con il ferro da stiro caldo, strappato le unghie e le sue urla risuonavano incessantemente nelle case intorno. Nonostante la brutalità degli interrogatori, Giovanni non rivelò mai i nomi dei suoi compagni di lotta e le loro postazioni. Il 31 luglio, il suo corpo ormai irriconoscibile viene portato nella Piazza della Chiesa della Madonna, per essere fucilato dal plotone d’esecuzione. La giacca che indossava, conservata dalla famiglia, conta 36 fori e stracciature dovute alle torture, segni di un crudele accanimento. Il suo sacrificio viene riconosciuto nel 1958, insignito della Croce al valore militare dal presidente del Consiglio Adone Zoli, in riconoscimento al suo eroismo per la sua resistenza al nemico e capacità di mantenere il silenzio nonostante le torture. Il suo sacrificio resta di esempio a tutti noi e il suo ricordo è vivo oggi, anche in chi non lo ha conosciuto, perché grande e valoroso è stato l’impegno per la libertà».