Secondo la scala “Saffir-Simpson”, sistema di misurazione dei cicloni tropicali creato nel 1969 dai due scienziati a cui dà il nome, esistono cinque categorie di uragani. La prima, con venti compresi fra 119 e 153 km/h, si limita a danni a barche, alberi, strutture mobili e insegne. Il massimo è la categoria 5, quella in cui venti superano i 252 km/h e i danni arrivano a colpire gli edifici, con inondazioni di ampie zone costiere ed evacuazione della popolazione.
Ma secondo gli scienziati, i cinque gradi della scala Saffir-Simpson non sono più sufficienti: a causa dei cambiamenti climatici gli uragani si fanno sempre più violenti e per spiegare meglio alla popolazione il tipo di pericolo, in molti suggeriscono di aggiungere la categoria 6.
La proposta è stata lanciata su “Pnas”, una rivista scientifica statunitense, da Michael Wehner e James Kossin, due scienziati che mettendo a paragone gli uragani che hanno colpito le coste statunitensi fra 1980 e il 2021, hanno individuato ben cinque casi (un uragano e quattro tifoni) in cui i venti hanno superato i 309 km/h, ben oltre quanto prevede la scala Saffir-Simpson.
In linea generale la frequenza delle tempeste tropicali più intense è aumentata: prendendo in considerazione i 42 anni tra il 1980 e il 2021, le tempeste tropicali classificabili come di categoria 5 sono state 197: la metà è stata registrata negli ultimi 17 anni del periodo e i cinque più forti, già citati, sono avvenuti tutti negli ultimi nove anni.
Il fenomeno è strettamente legato all’aumento della temperatura degli oceani, e secondo le stime di Wehner e Kossin se la temperatura media globale aumenterà di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali il rischio tempeste di categoria 6 raddoppierà.
Non è la prima volta che degli scienziati mettono in discussione la scala Saffir-Simpson, che ha vari limiti e peraltro è usata solo in Nord America e non in Asia. Il difetto principale è l’essere basata unicamente sulla velocità del vento, e non sulla forza delle onde che si abbattono sulle coste.