La GAM di Torino dedica all’opera e all’universo creativo di Italo Cremona una mostra antologica che ripercorre l’intera produzione dell’artista. La mostra, a cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari, Elena Volpato, è frutto della collaborazione tra la GAM di Torino e il Mart di Rovereto, dove la mostra si trasferirà il prossimo autunno.
Il notturno è uno dei temi della pittura di Italo Cremona, una condizione espressiva, esistenziale e filosofica che produce sogni, incubi, apparizioni, immagini fantastiche. “Tutto il resto è profonda notte” è la frase con cui Cremona aveva concluso uno dei testi di “Acetilene”, rubrica che negli anni ‘50 firmava per “Paragone”, la rivista di Roberto Longhi.
Pittore-scrittore, intellettuale poliedrico ed eccentrico, nei dipinti e negli scritti Italo Cremona ha indagato la “Zona ombra” (titolo di un suo libro edito da Einaudi): un territorio dove il buio entra in contatto con la luce attraverso lampi vividi o barlumi; attraverso il chiarore di una lampada ad acetilene (il lume usato un tempo da minatori e speleologi) o la scia di una stella cadente, come nel romanzo distopico “La coda della cometa”.
Tutto il resto è profonda notte è un titolo-insegna, la chiave scelta per tracciare un percorso espositivo dedicato all’intero arco della pittura di Italo Cremona, dalle prime prove giovanili di metà anni Venti fino alle opere della prima metà degli anni Settanta, dalle nature morte prossime alle atmosfere del Realismo magico alla visionarietà del “surrealista indipendente”, come amava definirsi.
La mostra raccoglie un centinaio di dipinti e una selezione di disegni e di incisioni e documenta la più alta qualità pittorica dell’artista, rileggendo nel presente l’originalità del suo immaginario. A partire dal nucleo di opere appartenenti alla collezione della GAM accresciuta nel tempo grazie al contributo fattivo della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris con l’acquisizione di capolavori quali l’Autoritratto nello studio del 1927, Metamorfosi del 1936 e Inverno del 1940, l’antologica conta su una serie di prestiti da musei, tra cui il Mart, partner del progetto (Composizione con lanterna, 1926 e La Libra, 1929), i Musei Civici Luigi Barni di Vigevano (con Dialogo tra una conchiglia e un guantone da scherma del 1930 e un coeso nucleo di dipinti visionari degli anni Quaranta-Cinquanta), l’Accademia Albertina di Belle Arti e i Musei Reali - Galleria Sabauda di Torino.
Grazie a una ricerca capillare, la mostra presenta numerose opere provenienti da collezioni private e prestiti da istituzioni come il Museo Casa Mollino (Ritratto di Carlo Mollino del 1928), l’Archivio Salvo (Autoritratto giovanile del 1926) la Collezione Bottari Lattes (Vittoria sul cavallo di gesso, 1940), la Collezione Rai – Radiotelevisione Italiana di Torino (Piccolo Golem, 1940).
Basata sullo studio e la rilettura dei materiali documentari, conservati nel Fondo Italo Cremona all’Archivio di Stato di Torino e in archivi privati, Italo Cremona. La mostra è accompagnata dal catalogo edito da Allemandi, con saggi delle curatrici e un ampio corredo iconografico.
Il percorso espositivo segue la progressione cronologica delle stagioni creative di Cremona, enucleando in alcune sale le costanti espressive: particolari attenzioni di natura iconografica e di natura poetica sulle quali l’artista si è trovato a tornare più volte.
Una sala centrale del percorso, eletta a cabinet des folies, è dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell’espressione del bizzarro. Nella sala delle facciate, la visione si sposta sulle architetture torinesi, un motivo pittorico peculiare, sviluppato dall’artista lungo i decenni: apparentemente deserte d’ogni presenza umana, dipinte in realtà come quinte di un segreto teatro cittadino, le facciate silenziose dei palazzi e delle case alludono sempre a uno spazio ulteriore.
La natura dell’ampia produzione di nudi è accostata ponendo in evidenza le prove in cui il tradizionale esercizio accademico scivola verso una visionaria produzione di apparizioni, piccole allucinazioni che non distinguono più la realtà del corpo della modella dalla segmentazione pittorica dei suoi dettagli.
Intervallando le immagini oniriche o perturbanti, le armi improprie deidisegni e delle incisioni, con il senso più epidermicamente pittorico – con la forza plastica dei suoi anni Venti e Trenta, l’intensità lirica dei suoi anni Quaranta, l’esattezza disegnativaimpressa sull’emozione cromatica dei suoi anni Cinquanta – la mostra mette in evidenza gli aspetti più attuali e contemporanei dell’opera di Cremona e della sua figura di intellettuale irregolare, impegnato in numerosi ambiti creativi e affine, nel suo modo insolitodi interpretare il Novecento, ad altre figure eccentriche di Torino come Carlo Mollino e Carol Rama. La mostra si fonda sulla convinzione che il suo insegnamento pittorico e intellettuale ha lavorato negli anni, nelle generazioni, molto più di quanto non si sia riconosciuto sinora.
Artista e letterato, Italo Cremona è stato un intellettuale singolare, interprete di un’ampia concezione dell’arte espressa attraverso la pittura, la storia dell’arte, la scrittura critica e narrativa, l’attività di scenografo per il cinema e il teatro, l’insegnamento delle discipline artistiche.
Nato nel 1905 a Cozzo (Pavia) in Lomellina, nel 1911 si era trasferito a Torino, divenuta sua città di elezione. Qui si laurea in Giurisprudenza nel 1927, anno in cui esordisce alla Mostra degli Amici dell’Arte alla Promotrice. Libero da appartenenze, collabora con Mino Maccari e la sua rivista “Il Selvaggio”, è amico di Carlo Mollino, frequenta Felice Casorati e nei primi anni Trenta conosce Alberto Savinio. Espone a Torino, poi alla Quadriennale di Roma (1931 e 1935); nel 1932 è alla Biennale di Venezia (dove sarà presente dagli anni Trenta ai Cinquanta). La sua prima personale apre nel 1933 alla Galleria il Cenacolo di Genova. Nel 1937 inizia a lavorare per il cinema con le scenografie di Pietro Micca di Aldo Vergano, realizzate a Cinecittà a Roma. Da qui in poi, Cremona assumerà incarichi di scenografo, arredatore, costumista, sceneggiatore, assistente alla regia, collaborando a una ventina di pellicole, tra cui Sotto la Croce del Sud, appartenente al filone del cinema coloniale, Carmela, La contessa di Castiglione, Calafuria e Dagli Appennini alle Ande. Per il teatro, realizza la scenografia di L’orchidea di Sem Benelli, rappresentato a Roma e Nozze di sangue di Garcia Lorca al Teatro Gobetti di Torino. Nel 1939 sposa Danila Dellacasa, con la quale nel 1944 si trasferisce a Venezia dove si iscrive al I Biennio di Architettura allo IUAV.
L’attività pittorica si intreccia all’insegnamento e alla pubblicazione di articoli, libri d’arte e romanzi. Nel 1946 ottiene la cattedra di Decorazione all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove insegna fino al 1955, anno in cui fonda l’Istituto statale d’Arte di Torino, che dirigerà fino al 1975. Collabora con la rivista “Il Primato” (1940-1942), è autore della rubrica “Acetilene” sulle pagine di “Paragone” (1951-1957) e creatore della rivista “Circolare Sinistra” (1955). Pubblica le monografie dedicate a Cino Bozzetti (1940) e a Felice Casorati (1942) e, attento alla rilettura di movimenti e fenomeni della storia dell’arte, nel 1964 Il tempo dell’Art Nouveau. Nel 1968 esce il suo primo romanzo, La coda della cometa; nel 1976 Armi improprie (con scritti datati dal 1955 al 1973); nel 1977 la raccolta di racconti Zona ombra. Muore a Torino, il 20 dicembre 1979.