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“Pleasure of the table”, il piacere della tavola. È la definizione con cui inizia un lungo servizio che il celebre “New York Times” ha voluto dedicare alla dieta mediterranea, com’è definito forse il più celebre modello nutrizionale del mondo, finito addirittura sotto la tutela dei patrimoni immateriali dell’Unesco.

Un regime alimentare ampiamente riconosciuto come uno dei più completi e salutari che privilegia cereali, frutta, verdura e olio di oliva, con uso moderato di carne rossa e grassi animali, in favore piuttosto di pesce, carne bianca, legumi, uova, vino rosso e dolci.

Gli americani, circondati e assediati da “cibo spazzatura”, nutrono da sempre profondo rispetto per il cibo che caratterizza i Paesi affacciati sul Mediterraneo. Il primo a scoprirlo era stato Ancel Keys, un nutrizionista americano che negli anni Cinquanta aveva notato una minor propensione dei popoli mediterranei a contrarre alcune malattie. Keys finì per dedicare buona parte dei suoi studi successivi a quanto il cibo possa influire sulla longevità, monitorando la dieta e la salute di circa 12mila persone fra 40 e 60 anni residenti in luoghi diversi e soprattutto dalla cultura gastronomica molto differente, fra cui l’Italia, il Giappone, gli Stati Uniti, l’Olanda e la Finlandia. Un enorme lavoro di ricerca e analisi finito nel suo libro più conosciuto: “Eat well and stay well, the Mediterranean Way”.

Una combinazione che nulla sarebbe, secondo Frank Bruni, autore del servizio pubblicato sul quotidiano americano, senza il piacere di gustare ogni portata concedendosi il tempo necessario, e non in fretta e in piedi, come invece è normale dall’altra dell’oceano, dove il cibo da piacere si svilisce fino a diventare necessità fisica.

“Ricordo le domeniche quando mia nonna Angelina Bruni, immigrata a New York dal sud Italia – scrive il giornalista - trasformava la cucina e la tavola in un caos di pietanze e specialità italiane... Metteva in tavola lasagne inesauribili come il suo affetto, polpette, melanzane, calamari, pollo, affettati. Non si trattava di un pranzo a più portate quanto di un ricatto emotivo: non ci si poteva alzare da tavola fin quando c’era cibo, concludendo il tutto con l’arrivo di un vassoio di cannoli e biscotti appena sfornati”.

Ma sono ricordi, ammette Bruni, perché anche in Italia, malgrado il rito del pranzo e della cena sussista ancora, molto ormai è cambiato: le donne che si alzavano all’alba per preparare gli agnolotti non ci sono quasi più, se non in rari casi al sud. Ormai le donne lavorano e anche le famiglie sono più piccole di un tempo, rendendo merce rara quelle patriarcali in cui il pranzo della domenica era sacro.

Ma il New York Times non si limita ad elogiare per l’ennesima volta la dieta mediterranea, dedicando ampio spazio alla principessa assoluta delle tavole italiane: la pasta. “C'è chi non mangia carne, chi non mangia pesce, chi non mangia uova, ci sono quelli che non mangiano frutta, verdura, frutta secca e zuccheri, ma tutti – nessuno escluso - mangiano pasta, un piatto così adorabile da sembrare quasi elementare. La maggior parte di noi non ricorda la prima volta che l'ha assaggiata, ma quella stessa maggior parte non riesce più a vivere senza”.