Il ritorno dietro la macchina da presa di Gianni Amelio, due anni dopo “Il signore delle formiche”, è una storia liberamente ispirata al romanzo “La sfida”, di Carlo Patriarca. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, quello scelto da Amelio è un modo diverso per raccontare il primo conflitto mondiale, una guerra senza regole e pietà, attraverso lo sguardo di due amici che in comune hanno l’amore per una donna, ma sono persone con morali profondamente diverse.
Da una parte Stefano, che disprezza i vigliacchi, e dall’altro Giulio, che al contrario vive come missione salvare quante più vite sia possibile alle trincee del fronte. In mezzo a loro Anna, che finisce per raccogliere i sentimenti di entrambi sentendo da un lato che la guerra quando arriva diventa un dovere, ma dall’altro non riesce a non provare pietà verso giovanissimi mandati a morire nel nome di qualcosa che non sanno neanche dire.
Il resto di “Campo di battaglia” lo fa una sceneggiatura intima e minimalista che diventa una doppia lezione: la prima, quella della regia sempre impeccabile di Amelio, l’altra, la fotografia altrettanto efficace di Luan Amelio Ujkaj.
L’abilità è quella di creare un conflitto che scava un solco profondo fra due amici di vecchia data, che tuttavia è destinato a non esplodere mai. Il substrato è il racconto della guerra, che oltre a morte, miseria e rovina sia in grado di estremizzare i caratteri frantumando le coscienze, che a lungo andare finiscono per abituarsi al disumano scorrere del sangue.
Un film che finisce inevitabilmente per richiamare alla memoria capolavori del cinema italiano come “La grande guerra” e ancora “Il Generale Della Rovere”, che per la prima volta toglievano la retorica gloriosa densa di patriottismo che nascondeva ad arte patimenti e miserie dell’esercito italiano, mai veramente esercito ma in compenso molto italiano.
Questa volta, Amelio si sofferma su un’antica storia di guerra mai tratta finora perché poco virile: i soldati che preferivano ferirsi e mutilarsi da soli piuttosto di tornare in trincea. Significava tornare a casa da invalidi, ma almeno con la certezza allontanarsi da quell’inferno di carne maciullata dalle bombe nemiche. Quando il fenomeno inizia a diventare preoccupante, i vertici militari decidono di prendere di petto la situazione, alzando il livello dei controlli per punire in modo esemplare con la fucilazione o l’ergastolo chi si macchiava di codardia.
È il punto dove si inseriscono le figure del dottor Stefano Zorzi, interpretato da Alessandro Borghi, e quella del dottor Giulio Farradi, ruolo affidato a Gabriel Montesi. I due, insieme all’infermiera Anna (Federica Rossellini), hanno il compito di ispezionare e valutare le ferite dei soldati, ma impareranno presto a usare unità di misura diverse.
Il messaggio finale è l’impotenza e il fallimento dell’umanità di fronte alla guerra, contro cui non resta che una sole e unica arma: la compassione. Per non perdere mai l’abitudine di restare umani.
LA TRAMA
Sul finire della Prima guerra mondiale. Due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere.
Stefano, di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro.
Giulio, apparentemente più comprensivo e tollerante, non si trova a proprio agio alla vista del sangue, è più portato verso la ricerca, avrebbe voluto diventare un biologo. Anna, amica di entrambi dai tempi dell’università, sconta il fatto di essere donna. A quei tempi, senza una famiglia influente alle spalle, era difficile arrivare a una laurea in medicina. Ma lei affronta con grinta un lavoro duro e volontario alla Croce Rossa.
Qualcosa di strano accade intanto tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. Forse c’è qualcuno che provoca di proposito delle complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, purché non tornino in battaglia.
C’è un sabotatore dentro l’ospedale, di cui Anna è la prima a sospettare. Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile...
CAST TECNICO
Regia – Gianni Amelio
Soggetto – Gianni Amelio, liberamente ispirato al romanzo “La sfida”, di Carlo Patriarca
Sceneggiatura – Gianni Amelio
Fotografia – Luan Amelio Ujkaj
Musica – Franco Piersanti
Montaggio – Simona Paggi
Costumi – Luca Costigliolo
Scenografia – Beatrice Scarpato
Arredamento – Lia Canino
Aiuto regia – Paolo Giacomo Marino
Casting – Aurilio Mangano
Operatore – Emanuele Chiari
Trucco – Roberto Pastore
Acconciature – Elisabetta De Leonardis
Suono in presa diretta – Emanuele Cicconi
Montaggio del suono – Alessandro Feletti
Tecnico del missaggio – Marco Falloni
VFX – Caos Line/Digimax
Organizzazione generale – Carlo Corbucci
Produttore esecutivo – Patrick Carrarin
Produttrici delegate per Rai Cinema – Samanta Antonnicola e Sara Conforti
Prodotto da – Simone Gattoni, Marco Bellocchio, Beppe Caschetto, Bruno Benetti
Produzione – Kavac Film, IBC Movie, One Art, Rai Cinema
Con la collaborazione di – Regione Friuli-Venezia Giulia e Friuli-Venezia Giulia Film Commission, Trentino Film Commission
Distribuzione italiana – 01 Distribution
Distribuzione internazionale – Rai Cinema International Distribution
Durata – 104’
CAST ARTISTICO
Alessandro Borghi – Giulio
Gabriel Montesi – Stefano
Federica Rossellini - Anna
Giovanni Scotti – soldato siciliano
Vince Vivenzio – soldato napoletano
Alberto Cracco – Padre di Stefano
Luca Lazzareschi – Il generale
Maria Grazia Plos – L’infermiera
Rita Bosello – la donna al cancello