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Sportivi, atletici e in forma fisica, certo, ma nell’immaginario collettivo ai calciatori è assegnata d’ufficio un’altra qualità, molto meno edificante: l’ignoranza.

Per antonomasia, i campioni della pedata non azzeccano un congiuntivo neanche per sbaglio e spesso ai microfoni di trasmissioni televisive e nelle conferenze stampa farfugliano frasi incomprensibili o zeppe di frasi fatte che vanno sempre bene.

Per sfatare questo luogo comune, visto che non sono affatto pochi i calciatori professionisti laureati, un team di scienziati della “Aarhus University”, prestigioso ateneo danese, ha concluso da poco uno studio approfondito sul profilo psicologico e le capacità cognitive dei professionisti della pedata.

I risultati, pubblicati su “Proceedings of the National Academy of Sciences”, danno di questi sportivi un’immagine ben diversa da quella suggerita dalla credenza popolare.

“Il nostro obiettivo – ha spiegato il team - era di studiare le caratteristiche dei calciatori professionisti dal punto di vista delle abilità cognitive e della personalità. Il nostro è il primo lavoro a occuparsi del tema su larga scala”. Per farlo, la squadra di scienziati ha coinvolto 204 calciatori professionisti che giocano nelle massime serie e alcuni nelle rispettive nazionali di Brasile e Svezia. Gli atleti sono stati sottoposti a test e questionari per valutarne la personalità e le abilità cognitive, e per avere un termine di paragone con cui confrontare i risultati, agli stessi test e questionari sono stati sottoposte altre 124 persone comuni, quindi non rientranti nella categoria degli atleti professionisti.

“Per la valutazione della personalità abbiamo fatto riferimento ai cosiddetti ‘Big Five’, i cinque tratti standardizzati e scientificamente validati utilizzati per dare una misurazione alla personalità: estroversione, gradevolezza, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale. Per quanto riguarda le abilità cognitive, invece, abbiamo sottoposto ai calciatori e al gruppo di controllo dei test per valutare le funzioni esecutive e la memoria di lavoro, oltre a test logici per valutare le capacità di ragionamento e pianificazione”.

Ebbene, per cominciare, i calciatori sviluppano straordinarie capacità di pianificazione e uno spirito di adattamento rapidissimo, due indizi sufficienti per capire che nei loro cervelli è particolarmente affinata la capacità di pianificare movimenti e azioni di gioco in anticipo, inibire comportamenti “perdenti”, esercitare il controllo degli impulsi ed essere flessibili.

“Nel calcio c’è un’interazione costante tra 11 giocatori in ogni squadra, e l’ambiente cambia molto velocemente. L’inibizione dei comportamenti, per esempio, è quello che accade quando un difensore si trova davanti un attaccante che, per dribblarlo, cambia improvvisamente direzione: questo richiede di inibire immediatamente il comportamento in corso e di adattarsi alla nuova situazione di gioco per non essere superati”.

Grandi differenze anche per i tratti della personalità: “I calciatori analizzati hanno, in media, più estroversione, più coscienziosità, più apertura alle nuove esperienze e più controllo dell’ansia rispetto al gruppo di controllo, ma hanno ottenuto punteggi minori su piacevolezza: in pratica, risultano facilmente più antipatici”.

Il totale delle risposte a teste e questionari sono stati poi analizzati da un algoritmo di machine learning, giusto per capire se attraverso quelli un computer fosse in grado di individuare chi era un calciatore professionista e chi no.

“Abbiamo misurato un’accuratezza del modello del 97%, il che vuol dire che anche una macchina riesce a distinguere il profilo dei calciatori da quello del gruppo di controllo. La nostra intenzione è di ripetere lo studio su un altro campione di calciatori, magari militanti in altre serie, e di ampliarlo provando a misurare la loro attività cerebrale mediante risonanza magnetica funzionale o elettroencefalogramma mentre svolgono i test. Le informazioni e la conoscenza che otterremo potrebbero essere utili, per esempio, per sviluppare modelli predittivi nei vivai e nelle giovanili e aiutare le società a sfruttare al meglio i propri giocatori e scegliere quelli su cui investire”.