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Nel febbraio scorso, quando l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino aveva deciso di conferirle un riconoscimento, Marina Abramović si era limitata ad inviare un video di ringraziamento, ma il prossimo 23 giugno, in occasione della consegna del Diploma Honoris Causa in “Tecniche Perfomartive per le Arti Visive”, la grande artista serba sarà presente a Torino, dove terrà una “lectio magistralis” che è facile immaginare sarà affollatissima.

L’annuncio della storica accademia di cultura statale è stata accompagnata da altre notizie: la Sala Azzurra e il Salone d’Onore del cortile interno saranno sottoposti a interventi di recupero grazie all’intervento del MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca). La prestigiosa istituzione torinese dedicata allo studio delle arti, oltre alla prima edizione dell’IPAF (International Performing Art Festival), organizzato con la collaborazione della Facoltà di Belle Arti di Cetjnie, nel Montenegro, e ospitata nella sede di via Accademia Albertina 6 tra il 21 ed il 22 giugno, sarà anche presente al Padiglione Italia dell’Expo di Osaka e protagonista di una mostra presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York.

La Abramović, classe 1945, nata a Belgrado in una famiglia divisa fra partigiani e ufficiali dell’esercito di Tito, è un’artista concettuale considerata una delle massime esponenti della “perfomance art”, finita spesso per fare notizia grazie a interventi molto provocatori creati per esplorare le relazioni fra pubblico e artista, portando corpo e mente al limite.

Dopo aver esplorato il disegno e la pittura, nel 1976 lascia l’Europa dell’est e, complice anche un matrimonio fallito, trova ad Amsterdam la sua nuova dimensione artistica e di vita. Nella capitale olandese incontra Ulay, ex ingegnere tedesco diventato artista concettuale, che diventerà il suo partner nel lavoro e nella vita per almeno due decenni: nel 1988, il loro rapporto, ormai esaurito, si chiude.