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Il dottore, che non è laureato, non è mai in ferie o in permesso, e basterebbe già questo per fare la differenza fra un normale ospedale e l’Agent Hospital, il primo al mondo dove 24 ore su 24 lavorano 41 medici e 4 infermieri umanoidi divisi in 32 reparti diversi.

A gestire la struttura tra visite, interventi e degenze post-operatorie, ci pensa un sofisticato programma di Intelligenza Artificiale, anche se con il costante supporto di personale medico in carne e ossa. Eppure tutto, dalla diagnosi alla terapia, la degenza e il follow up, è seguito da “camici bianchi” fatti di algoritmi circuiti elettrici, con un tasso di diagnostica del 93,06%.

Non è l’incubo di un futuro distopico, ma un esperimento in un ambiente ospedaliero simulato voluto dalla stimatissima “Tsinghua University” di Pechino, che ha costretto la comunità medico-scientifica mondiale ad accendere i riflettori di fronte al primo esempio di “sanità digitale”, la rivoluzione che l’IA promette di portare nel campo medico, con risparmi milionari e gradi di efficienza mai visti prima.

Obiettivo dell’esperimento, non ancora aperto al pubblico ma ideato per poter prendersi cura potenzialmente 3.000 pazienti al giorno e servire anche da palestra per la formazione di nuovi medici, è dimostrare che esiste la possibilità di accelerare le tempistiche dei trattamenti e soprattutto alleviare i carichi degli ospedali dove tutti sono umani, dai medici ai malati, specie di fronte a scenari pandemici.

“Il concetto di una città ospedaliera basata sull’Intelligenza Artificiale – ha dichiarato il team di ideatori in un’intervista al Global Times – in cui i pazienti virtuali vengono curati da medici specializzati nell’intelligenza artificiale, ha un significato immenso sia per i professionisti medici che per il pubblico in generale. L’ospedale AI mira a formare agenti medici attraverso un ambiente simulato, in modo che possa evolversi autonomamente e migliorare la sua capacità di curare le malattie”.

Manca all’appello, ma non tutto si può avere, il rapporto di empatia e comprensione che spesso si instaura fra un paziente e un medico, caratteristico dell’essere umano.