Tecnicamente, il fenomeno dell’inflazione si registra quando è in atto un rincaro generalizzato: per dirla in maniera ancora più semplice, quando con un euro si possono comprare meno beni o servizi di un tempo.
Le cause possibili sono tante: sfiducia verso la moneta, aumento delle materie prime, shock economici o squilibri fra domanda e offerta. Ma mai, prima d’ora, fra le cause dell’inflazione era stata inclusa una star della musica.
Eppure, visto che c’è sempre una prima volta per tutto, accade che Michael Graham, capo economista della “Danske Bank”, grande banca danese presente in tutti i paesi del nord Europa, ha accusato Beyoncé dell’impennata inflazionistica che sta vivendo la Svezia in questo periodo.
Secondo la teoria dell’economista, l’artista statunitense detentrice di ben 32 Grammy Awards e considerata fra le voci più influenti della musica mondiale, ha involontariamente alzato l’asticella dell’inflazione scegliendo di inaugurare “Renaissance”, il tour mondiale che segna il suo ritorno sul palcoscenico dal 2018, alla “Friends Arena” di Stoccolma. Quanto basta per scatenare il “Beyoncé effect”, ovvero un’impennata dei prezzi di alberghi e ristoranti valutata da Graham nello 0,2%. “Non me la sento di dari l’intera colpa a Beyoncé per l’aumento dell’inflazione, ma sicuramente la grande richiesta di assistere alla sua esibizione in Svezia ha dato il suo contributo: un effetto molto raro che dovrebbe normalizzarsi in giugno”.
E se è vero che terminati i due concerti dell’artista texana l’inflazione generale è calata, un’altra fiammata dei prezzi si teme a breve, con il concerto di Bruce Springsteen in programma Goteborg il 28 giugno.
Considerato uno dei tour più attesi dell’anno, il “Renaissance” di Beyoncé ha un fatturato stimato in 300 milioni di dollari. Per il tour, che fino a settembre toccherà prima diverse città europee e di seguito il Canada e gli Stati Uniti, non è al momento prevista nessuna tappa italiana, malgrado diverse voci che vorrebbero due concerti a Milano e Roma.