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“Toglieteci tutto, ma non il caffè”: per gli italiani la “tazzulella” è un rito, una tradizione, un modo irrinunciabile di iniziare una giornata, concludere un pasto e prendersi una pausa rigenerante durante il giorno. Certo, gli esperti non hanno mai nascosto che esagerare non conviene, specie se il caffè non è fatto in casa ma è quello delle macchinette.

Proprio di recente, all’argomento la rivista scientifica “Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases” ha dedicato uno studio realizzato da un team di studiosi universitari svedesi, che hanno analizzato dal punto di vista medico-scientifico gli effetti sulla salute dei diversi tipi di caffè, da quello dei distributori automatici a quello più casalingo della Moka, senza dimenticare quello filtrato.

Le differenze, meglio dirlo subito, sono profonde specie analizzando la presenza e la concentrazione di diterpeni, cafestol e kahweol. Molto, racconta lo studio, dipende non solo dal tipo di filtro ma da dettagli spesso trascurati come la pulizia e la pressione dell’acqua.

Il primo imputato, il caffè non filtrato, si guadagna il titolo di potenzialmente più pericoloso per le elevate quantità di diterpeni, composti organici che agiscono sul colesterolo LDL, quello “cattivo”. La concentrazione di diterpeni scende invece nel caffè filtrato con carta o realizzato con la moka.

Una seconda parte dello studio, che sarà ripreso a breve, si concentrerà su ben 14 diversi tipi di macchinette da caffè, per arrivare a dare un quadro più attendibile possibile ai bevitori seriali di caffè.