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Dal 7 giugno, la mostra “Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio a Andy Warhol”,ospitata alla Reggia di Venaria fino al 15 settembre, arricchisce il suo percorso espositivo con “La Flagellazione di Cristo” di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che completa l’esposizione con un allestimento apposito, dedicato allo straordinario capolavoro del grande pittore lombardo.

Il dipinto, manifesto dell’ultima maniera di Caravaggio, è stato realizzato nel 1607 durante il primo soggiorno napoletano del Maestro per la chiesa di San Domenico Maggiore, dove è stato esposto fino al 1972 quando, per motivi di sicurezza, è stato trasferito al Museo di Capodimonte che ne detiene tutt’oggi la custodia.

In questa iconica tela la luce costruisce i volumi che emergono dall’oscurità. La bellezza e l’incarnato chiaro del Cristo si contrappongono alla brutalità e ai corpi scuri dei carnefici, che si accingono a sottoporlo alla flagellazione. L’espressività grottesca del personaggio in piedi a sinistra è tipica dell’ultima maniera di Caravaggio.

La grande mostra, allestita nelle Sale delle Arti della Reggia, espone oltre 60 capolavori provenienti dalle collezioni artistiche di Capodimonte, che annoverano i più grandi maestri della storia dell’arte: da Masaccio a Parmigianino, da Caravaggio a Tiziano, per citarne alcuni.

Un percorso espositivo alla scoperta di una collezione straordinaria, ma anche di una storia affascinante: quella di una Reggia divenuta un grande Museo che, nel corso dei secoli, ha preservato alcune tra le più raffinate raccolte d’arte di tutta Europa.

La Flagellazione proviene dalla cappella della famiglia de Franchis, la prima a sinistra entrando nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli. Ma ormai da oltre cinquant’anni la tela – tra le più significative e celebrate dell’ultimo tempo del Caravaggio (1606-1610) – ha cambiato di ubicazione. Al terzo tentativo accertato di furto, nel 1972 l’opera fu ricoverata a Capodimonte, diventando il solo Caravaggio delle collezioni. Nell’ultimo allestimento di Capodimonte, dal 2022, il quadro è esposto da solo, a metà del secondo piano, in una sala dedicata; dal 2018 lo si è, infine, provvisto di una splendida cornice intagliata e dorata in oro zecchino, recuperata nei depositi del museo.

Commissionata da Tommaso de Franchis, la Flagellazione è la seconda delle commissioni pubbliche pervenute dai due soggiorni del Caravaggio a Napoli: il primo alla fine del 1606, il secondo a fine del 1609. La più antica è la “Madonna delle Sette Opere di Misericordia”, eseguita nel gennaio 1607 per l’altare maggiore del Pio Monte di Misericordia, dove si vede tuttora.

Dentro un ambiente indeterminato, simile a uno stanzone, il Cristo, legato a una colonna di cui è visibile la sola parte superiore è flagellato da due carnefici, mentre un terzo, accovacciato in basso, sta legando delle fascine per realizzare un ulteriore flagello. Se la composizione ricalca un impianto moderatamente tradizionale, dove echi di Raffaello e GiulioRomano si combinano alla conoscenza di Tiziano, nuova  appare la condotta pittorica. Mentre il Cristo rivela uno dei nudi più umani e veri che siano mai stati dipinti, le figure degli scheranisono realizzate con pochi colori e quasi senza disegno, come se il pittore avesse dipinto di prima. L’ultimo stile del Caravaggio, di cui questo dipinto è il manifesto, prevede un’esecuzione rapida, volutamente antiaccademica.

Capolavoro senza precedenti ed eredi diretti, la Flagellazione rimase uno dei quadri più ostici da copiare, o anche solo da emulare, del maestro lombardo. Lo conferma la modestia della copia seicentesca, forse riferibile al napoletano Andrea Vaccaro(1604-1670) che si trova oggi in San Domenico Maggiore. Gli esami e gli approfondimenti diagnostici, decisivi negli studi caravaggeschi degli ultimi anni, hanno interessato, a più riprese, il quadro. Le prime radiografie rivelarono che, al di sotto della figura del flagellatore di destra, Caravaggio aveva immaginato, in un primo tempo, un ritratto, forse quello del committente stesso.

La mostra è resa possibile grazie all’intervento del Ministero della Cultura e realizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, in collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte e i Musei Reali di Torino, in virtù di un rapporto eccezionale ed esclusivo tra prestigiosi enti culturali di valenza internazionale.