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Sembra una normalissima giacca in pelle, semmai dal colore un po’ sgargiante che non a tutti potrebbe piacere, tutto qui. Ma racchiude una vera rivoluzione per il mondo della moda: non si tratta di un capo in pelle, ma a base di batteri.

L’ha realizzata “Ganni”, un fashion brand danese fondato all’inizio del millennio dal gallerista Frans Truelsen che ha chiesto la collaborazione della “Polybion”, azienda messicana nata dall’idea di un gruppo di biologi, biotecnologi, chimici, ingeneri, creativi e designer specializzata nei biomateriali ottenuti dagli scarti della frutta.

Il risultato, è un’alternativa biosostenibile alla pelle a cui il mondo della moda guarda con interesse, visto il crescente bisogno di una svolta definitiva verso il cruelty-free.

Il materiale creato dalla Polybion nasce dalla lavorazione di microorganismi isolati della “Kombucha”, una bevanda messicana a base di tè fermentato e zucchero da cui si estrae una minima quantità di “Celium”, batteri che vengono nutriti con gli scarti della frutta.

E il blazer griffato Ganni, il primissimo capo creato, segna il debutto del nuovo materiale descritto come resistente, leggero e traspirante, svelato pochi giorni fa ad un pubblico di addetti ai lavori e fashion-addicted come la “prima giacca mai realizzata da un brand con nanocellulosa batterica: una pietra miliare nell’industria dei biomateriali”. Il primo passo di una collezione che Ganni conta di mettere in circolazione entro il prossimo anno, come parte di una politica aziendale che prevede di dimezzare le emissioni di carbonio entro il 2027.

Non è il primo esempio di capi realizzati attingendo da ciò che la natura offre, ma lasciando in pace gli animali. Dalla “Victoria Bag” fatta con le radici dei funghi di Stella McCartney alle iconiche scarpe vegane in bambù e alghe lanciate da Jason Mamoa, l’erculeo protagonista di “Aquaman”.