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Attenzione: c’è in giro una nuova disciplina sportiva che sembra un’emerita supercazzola, invece c’è, esiste e la prossima settimana celebra a Riccione il 5° Campionato dal Mondo (dal 28 ottobre al 2 novembre), il primo ospitato in Italia. Si chiama chessboxing, scacchipugilato per chi preferisce l’idioma nostrano, e spiega già tutto dal nome, non ha bisogno di molto altro.

Agli atleti è richiesto di alternare tre minuti di sonore mazzate secondo le regole internazionali della boxe, ma dopo 60 secondi per sfilare i guantoni e riconnettere le sinapsi, di sedersi ad un tavolino e portare avanti con lo stesso avversario una partita di scacchi, ancora una volta attendendosi alle regole mondiali. Sembra semplice, ma chi ci ha provato assicura che non lo è affatto, anzi.

Passare dai fiumi di adrenalina ed endorfine del pugilato alla lucidità, la memoria, la capacità di calcolo e la strategia richiesta dagli scacchi, è uno “swtich” che riesce a pochi eletti.

Ma è esattamente quello che il chessboxing richiede: pari impegno nel principe degli sport di contatto fisico come nel più raffinato e antico gioco di astuzia e intelligenza. E a chi il passaggio riesce male o peggio ancora a metà, rischia di perdere l’incontro per ko, ma anche per scaccomatto o per time out, dopo aver esaurito il tempo scandito dallo “scacchi timer”.

L’idea dello scacchipugilato nasce nel 1992, fra le pagine di una graphic-novel di Enki Bilal, fumettista francese autore di storie di fantascienza trasfigurate e profetiche che in “Froid équateur” (Freddo equatore) immagina una sfida improbabile di uno sport nato dalla sua fantasia, il chessboxing.

Una decina d’anni dopo, l’artista tedesco Iepe Rubingh decide di codificare le regole di una disciplina che lo affascina e inizialmente aveva trasformato in un’opera d’arte concettuale che – come sempre in questi casi – mostrava tutto il suo disprezzo verso la società e i regolamenti che impone, concetti da fare a pezzi andando oltre. Ad esempio attraverso il veicolo della boxe, roba per gente che è meglio non far innervosire, e quello degli scacchi, tranquillo gioco da tavolo per “Nerd” o giù di lì. A pensarci, l’incontro perfetto di due universi paralleli e distanti che di più non si può.

Eppure, l’ossimoro incredibilmente funziona, sta in piedi e ha un senso. Lo dimostra il primo mondiale organizzato sempre nel 2003, conquistato dallo stesso Rubingh che si porta a casa il titolo dei pesi massimi.

Il resto è una discesa: la disciplina piace, conquista gente tanto dalla boxe che dagli scacchi (un po’ meno, a dire il vero), e in paesi come Regno Unito, Francia, Germania, India e Turchia diventa sempre più popolare.

Nel 2012 arriva la FISP, la federazione italiana, che vincendo perplessità e ironie di chi sente accostare scacchi e pugilato e pensa ad un’altra “boutade” come la pizza all’ananas, va avanti per la sua strada, conquistando addirittura il diritto ad ospitare i prossimi Mondiali di Riccione, dove stanno per convergere decine e decine di atleti dai cinque continenti.

Ma a Iepe Rubingh, veder crescere la sua opera d’arte più riuscita non è stato concesso: se n’è andato nel 2020, vittima del Covid. Una sfida troppo grande anche per lui.