Testarda, caparbia, tosta come pochi uomini sanno essere. Per la storia, Lidia Poët è la prima donna italiana a laurearsi in legge e ad essere ammessa nell’Ordine degli Avvocati, blindatissima casta che allora ospitava i principi del foro, tutti uomini, impettiti e spesso affetti da vanagloria. Ma liquidare in due righe quello che una donna che arrivava dalla provincia è riuscita a fare per sé e per tutte le donne dopo di lei, è davvero riduttivo. Basta forse solo aggiungere che la sua battaglia per essere considerata un avvocato a tutti gli effetti si conclude soltanto quando ha 65 anni, dopo essere stata radiata solo perché donna, appunto.
È a questa figura battagliera che “Netflix” ha deciso di celebrare con una serie in 6 episodi che debutta questa sera, “La legge di Lidia Poët”, in cui il ruolo della fiera avvocatessa è affidato a Matilda De Angelis, che ha scelto di esaltare il carattere colto, scaltro, ironico, anticonfomista e spesso sfrontato della Poët, capace in vita sua di cadere e rialzarsi un numero impressionante di volte senza mai arretrare di un metro. Nella serie, ideata da Matteo Rovere, Lidia Poët risolve un caso in ognuna delle sei puntate, mescolando battaglie tutt'oggi irrisolte come le discriminazioni, il femminismo e una Torino borghese, ancora sospesa tra passato e futuro.
In occasione del lancio de “ La legge di Lidia Poët”, il Museo Nazionale del Cinema di Torino ospita dal 15 al 20 febbraio dieci abiti di scena indossati dalla protagonista, Matilda De Angelis. Nel cast Eduardo Scarpetta nel ruolo del giornalista Jacopo Barberi, Pier Luigi Pasino in quelli di Enrico Poët, fratello di Lidia, mentre Sara Lazzaro e Sinéad Thornhill sono rispettivamente Teresa Barberis, moglie di Enrico, e Marianna Poët, la loro figlia. Dario Aita è Andrea Caracciolo.
“Per la prima volta il Museo Nazionale del Cinema apre le porte della Mole Antonelliana e del Cinema Massimo al lancio di una serie così profondamente legata a Torino - sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema - ancora una volta il museo si conferma la casa del cinema italiano e internazionale, luogo di incontro tra passato, presente e futuro, ed è con grande piacere che ospitiamo all’interno della Mole Antonelliana e per una settimana questa significativa esposizione di abiti di scena indossati da Matilda De Angelis, sicuri di offrire ai visitatori uno spaccato di cinema e costume”.
Allestiti nella suggestiva Aula del Tempio, cuore della Mole Antonelliana, i costumi sono stati realizzati dalle costumerie Tirelli Trappetti e Laboratorio Farani su indicazione del costumista Stefano Ciammitti e riproducono fedelmente la moda di fine Ottocento.
Con le inquadrature giuste, non è stato complicato far rivivere la Torino di fine Ottocento: i palazzi, i fregi e i portici sono gli stessi di allora, ugualmente austeri e magniloquenti. Per girare “La legge di Lidia Poët”, la produzione ha scelto l’ex Curia Maxima nel Palazzo dei Supremi, in via Corte d’Appello, insieme a Palazzo Feletti Barolo per gli interni delle scene ambientate in tribunale. Ma nelle inquadrature compaionoe spesso anche piazza Carignano e piazza Cavour, quest'ultima utilizzata per le scene esterne dell’abitazione della famiglia Poët, mentre Palazzo dei Cavalieri è servito come sede della redazione della “Gazzetta Piemontese”. Per finire con il Museo delle Carceri Nuove, dove sono stati ambientate le riprese dei reparti psichiatrici.
Ma ad essere coinvolte sono state anche diverse altre location, come il Teatro Alfieri di Asti, che per motivi di programmazione ha sostituito il Teatro Regio di Torino, e ancora Villa San Lorenzo, a Racconigi, per gli interni di villa Poët. Quindi il Castello e la Certosa di Collegno, il Museo Ferroviario Piemontese di Savigliano, la Basilica di Superga, l’ex sede del “Lanificio Bona” di Carignano e il castello dei Conti Asinari di Piossasco, oggi sede dell’Istituto San Vincenzo de’ Paoli.
LA TRAMA
Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino magniloquente. La serie rilegge in chiave light la storia vera di Lidia Poët, la prima avvocata d’Italia.
Torino, fine 1800. Una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole di esercitare la professione solo perché donna. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova lavoro presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.