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Più o meno, per prepararsi adeguatamente ad una maratona raggiungendo uno stato fisico che escluda il più possibile un ricovero al primo cardiologico disponibile, sono necessari dai 6 mesi ad un anno.

Un tempo quotidiano che non sempre è facile ritagliarsi, dovendo fare i conti con tutto il resto della vita di chi non è un atleta professionista ma amatoriale. E non è raro che qualcuno, piuttosto di rinunciare al piacere dell’arrivo fra lo scrosciare degli applausi di amici e parenti, decida di prendere qualche scorciatoia.

Nel 2018, le telecamere del traffico hanno immortalato qualche centinaio dei 16mila iscritti alla mezza maratona di Shenzhen, in Cina, mentre approfittavano di un passaggio su un mezzo pubblico per risparmiare qualche km di corsa. Un caso? Può darsi, ma sicuramente non isolato.

Lo stesso anno, durante la “London Marathon”, un runner italiano non professionista ha impiegato così tanto tempo in meno del campione olimpico Mo Farah per coprire i 42 km e 185 metri da far sorgere i dubbi ai giornalisti del “Times”. È bastato qualche controllo per svelare il mistero: l’italiano, in compagnia di altri runner, aveva “tagliato” il percorso di ben 16 km.

Ma tutto questo è ancora nulla rispetto a quanto accaduto nei giorni scorsi a Città del Messico, quando i “tracking”, dispositivi da indossare per avere statistiche e posizione dei partecipanti, hanno costretto l’organizzazione della “Telecel 2023”, l’annuale maratona cittadina, a squalificare 11mila dei 30mila iscritti. La loro colpa, aver approfittato di taxi, autobus, passaggi di amici o addirittura autostop pur di accorciare sensibilmente la maledetta distanza dei 42 km e fischia, presentandosi sulla linea del traguardo freschi come una rosa appena colta e appena sudati.

Per mettere la parola fine ad una tendenza al “ritaglio” che nel 2018 aveva coinvolto 3mila runner, raddoppiati l’anno successivo, le autorità di Città del Messico hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta per frode sportiva.