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La vita a Coober Pedy è arrivata soltanto nel 1915, quando nelle lande fra le più deserte e inospitali del mondo finiscono gli stivali di John Hutchinson e suo figlio: scavano cercando oro, trovano l’opale.

Da nulla in mezzo al nulla assoluto, Coober Pedy diventa la “capitale mondiale dell’opale”, pietra che può arrivare a 9000 euro a carato, e tanto basta per disseminare in un angolo sfigato dell’Australia Meridionale, dove se ci nasci qualche colpa devi averla, più di 70 campi di estrazione che fanno così tanti denari da attirare gente da ogni dove. Ma c’è un problema non di poco conto: vivere da quelle parti è impossibile, di giorno è una graticola che arriva a 50 gradi, di notte un freezer che difficilmente supera i 2.

Lentamente, neanche così tanto, gli abitanti di Cooper Pedy (oggi sono circa 1600) arrivano alla decisione: c’è una sola cisterna comune di 60 litri d’acqua potabile che non basta e non basterà mai per tutti. L’unico modo per sopravvivere è rifugiarsi sottoterra. Nel tempo, sotto un sole bastardo e una polvere che si infila ovunque resistono una manciata di case, un ristorante, una locanda, una scuola, un posto di polizia e un ambulatorio: tutto il resto della città se ne sta sotto, dove la temperatura è costante a 13 gradi per tutto l’anno. L’unico segno visibile di vita dall’esterno sono dei comignoli che servono per fare circolare l’aria negli ambienti sotterranei.

Quando si è sparsa la voce trascinando i primi turisti in cerca di conferme sulla leggenda degli “uomini-talpa” australiani, qualcuno si è messo a scavare un hotel, il “Desert Cave”, un quattro stelle con altrettante stanze, altri una chiesa, la “Catacomb Underground Church”, altri ancora negozi, market, perfino gallerie d’arte e souvenir.

Il lato positivo, per chi vive da quelle parti, è che se la famiglia aumenta o c’è bisogno di altro spazio basta prendere un piccone per allargarsi fin dove serve, senza autorizzazioni, tasse, geometri e catasto.

Ma nessuno, a Coober Pedy avrebbe mai immaginato che un giorno, il mondo avrebbe girato lo sguardo su quell’angolo di terra morta per capire se davvero è possibile vivere sottoterra. Da tempo in città si danno il cambio drappelli di scienziati, tutti armati di apparecchiature e sacchi a pelo, incaricati di studiare gli abitanti sotterranei per trovare una soluzione prima che il sole trasformi anche il resto del pianeta in polvere rovente, spingendoci tutti sottoterra.