Aveva ragione il filosofo Alfred Armand Montapert: “Non bisogna confondere movimento e progresso: un cavallo a dondolo continua a muoversi ma non fa alcun progresso”.
In Italia, il progresso applicato alla necessità ancestrale del movimento, si è sublimata intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, quelli del “boom”, quando gli italiani hanno scoperto – in ordine di apparizione - l’automobile, la “villeggiatura” e la gita fuori porta. Non sembra, ma per gente che usciva dalla guerra con le pezze sul naticume erano lussi fino a poco tempo prima impensabili.
Per contro, se tutti o quasi riescono a comprarsi “l’automobile”, come l’aveva ribattezzata D’Annunzio declinandola al femminile, a pagarne il prezzo sono le città, che danno l’addio ai carretti trainati dai muli per riempirsi di vetture, seguite da traffico, inquinamento e aria sempre più irrespirabile. La storia in fondo è fatta così: sembra di aver aggiustato una cosa, per scoprire di averne guastate altre due.
Il petrolio diventa il nuovo oro, solo più liquido, scuro e puzzolente dell’altro, e basta che un paio di paesi fra quelli che ne estraggono di più inizino a farsi i dispetti, per appiedare interi continenti. Succede esattamente così nel novembre del 1973, quando Egitto e Siria attaccano Israele e la prima conseguenza è il prezzo dei barili di petrolio, che schizza da tre a 12 dollari al barile. In Italia, il ‘conflitto mediorientale’ – una sorta di preambolo a quello attuale - costringe il governo Rumor a emanare il DL 304 che apre le porte all’Austerity, inglesismo a buon mercato che significa l’illuminazione cittadina ridotta del 40%, gli uffici pubblici chiusi alle 17.30 e i negozi alle 19, così come i locali notturni, che al massimo alle 23 devono mandare tutti a nanna, soddisfatti o meno della serata. Oltre alla norma peggiore di tutte: 11 milioni di macchine che scalpitano bloccate ogni fine settimana. L’Italia, che s’era destata, si svuota.
A mezzo secolo di distanza da quei giorni strani e curiosi, una mostra ospitata al Mauto – Museo Nazionale dell’Automobile, dal 24 novembre al 7 aprile del prossimo anno, ha scelto di approfondire la mobilità e tutte le questioni, i dubbi, le perplessità e le speranze future che il termine si porta appresso.
Si intitola “Drive DIfferent. Dall’austerity alla mobilità del futuro”, e oltre a rievocare il passato remoto è una finestra aperta sul futuro, sulla strada della tecnologia, lastricata di buone intenzioni ma costretta a incrociare le comode abitudini individuali, a cui nessuno vuole più rinunciare.
Il racconto multimediale parte proprio dalla crisi petrolifera del ’73 e tocca uno dopo l’altro politiche sulla mobilità, ricerca tecnologica, progettazione delle nuove aeree urbane e trasporti pubblici. Il tutto, come nella migliore tradizione del Mauto, lungo un percorso che offre alla vista modelli di auto del tempo, insieme a documenti, fotografie e installazioni che mostrano un pianeta tenero e imbarazzato almeno quanto quello di oggi fa paura, perché senza una svolta realmente sostenibile difficilmente la gente che ci vive avrà il tempo di occuparsi della mobilità.
Drive Different è ideata e curata per il Mauto da Giosuè Boetto Cohen, realizzata in collaborazione con Stellantis e Automobile Club Italia (ACI), con il supporto di Eni, Politecnico di Torino, Senseable City Lab (Massachusetts Institute of Technology - MIT), e Quattroruote, e con il patrocinio del Ministero della Cultura, di Regione Piemonte e Città di Torino.
Dopo l’Italia degli anni dell’Austerity, che per lo meno avevano costretto gli italiani a riscoprire il piacere di una passeggiata o l’utilità di biciclette, tramvai, corriere, pattini, monopattini e calessi che si riappropriano delle strade almeno fino all’avvento di un altro colpo di genio partorito a fatica dai palazzi della politica: le targhe alterne.
Tra lezioni imparate e occasioni perdute, il percorso espositivo arriva ai nostri giorni. Altre guerre minacciano le riserve energetiche e la stabilità politica ed economica dell’intero pianeta. E mentre questo accade, l’equilibrio ambientale della Terra si incrina pericolosamente: il 7 luglio 2023 l’ONU ha dichiarato che l’innalzamento termico è ormai “fuori controllo”. I termini del problema fanno un salto di scala: non è più una crisi contingente, in un paese o un emisfero. Tutto il mondo, con le sue diseguaglianze, passa dall’Austerity agli obbiettivi della sostenibilità.
I trasporti, che partecipano per una quota importante al dissesto, sono chiamati a fornire le risposte più urgenti e l’automobile è obbligata a scelte epocali. La produzione industriale viene filoguidata sempre più dalla transizione ecologica che porta sulle strade nuove tecnologie come i veicoli elettrici, le stazioni per la sharing mobility, le colonnine per la ricarica delle batterie, l’e-fuel e il bio-fuel, i motori a idrogeno.
Dove sta andando il futuro dell’auto? Su questa domanda si concentra l’ultima parte della mostra che inquadra il presente e soprattutto tenta di tracciare gli scenari futuri.