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È vero, spesso sui marciapiedi bisogna fare attenzione a non calpestare il prodotto interno lordo di qualche cagnolino. Ed è altrettanto vero: può capitare di trovarsi in un ristorante dove frotte di bambini corrono e urlano fra i tavoli.

Ma nel primo caso sono animali, e nel secondo bambini: due categorie innocenti per definizione e incapaci di capire che stanno dando fastidio al prossimo. Ma il problema, invertendo un detto biblico, è che le colpe dei figli ricadono sui padri almeno quanto quelle dei padri prima o poi ricadranno sui figli. In pratica, la colpa non è loro, ma di chi dovrebbe occuparsene e nel primo caso se ne frega, lasciando che siano altri a ripulire, nel secondo idem, continuando amabilmente a mangiare e parlare con gli amici.

Se per arginare i “problemi” lasciati dai cani sulle strade cittadine molte città stanno inasprendo le multe, arrivando agli estremi di chi pensa di ricorrere al Dna per risalire al cane e di conseguenza al proprietario, per il secondo è la categoria dei ristoratori che inizia a dare segni di impazienza, scatenando il dibattito e, come sempre, le polemiche.

Il caso più recente non è accaduto da queste parti ma in Georgia, Stati Uniti, dove al conto finale di un ristorante sono stati aggiunti 50 dollari per il casino provocato dai bambini fra i tavoli. La faccenda, a quanto riportano i media locali, è quasi sfociata in rissa con tanto di intervento della polizia per placare gli animi, ma come si dice in questi casi, ha creato un precedente.

Non è il primo caso, non sarà l’ultimo, ma è un dato di fatto che sono sempre di più i locali “no kids”, quelli che non accettano bambini al di sotto dei 10 anni. Ovvio che a rimetterci sono tutti, comprese le famiglie con bambini che stanno al loro posto e neanche li senti.

Spostando la questione in Italia, c’è poco da stare allegri. Secondo un’analisi realizzata dall’Istituto Italiano di Studi Transdisciplinari, i bambini italiani a tavola sarebbero fra i più indisciplinati e maleducati d’Europa. Le accuse sono tante e variegate: “Se un bambino si comporta male al ristorante, la colpa non è sua. I piccoli sono grandi imitatori e imparano soprattutto osservando i grandi. Le buone maniere a tavola devono partire da casa, e ancora “Un bambino non deve disturbare gli altri ospiti, quindi ignorare un bambino che si alza da tavola e corre tra i tavoli intralciando il lavoro dei camerieri è un comportamento da condannare nel genitore, non nel bambino”. Per finire con “Un bambino che corre, urla o lascia il tavolo come un campo di battaglia è maleducato, o semplicemente educato male?”.

Da qui, la decisione di molti ristoranti di vietare l’ingresso i più piccoli. Non si tratta, in massima parte, di trattorie e pizzerie ma di quelli più eleganti e raffinati, che curano tanto il menù quanto l’atmosfera. Locali in genere scelti da coppie che festeggiano anniversari o per pranzi e cene di lavoro, quando in effetti i bambini urlanti sono davvero fuori posto.

Un caso, addirittura, è arrivato in Parlamento dopo essere transitato delle scrivanie del Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Riguardava un imprenditore calabrese che durante un pranzo dell’Epifania è stato gentilmente invitato a lasciare la sala di un ristorante di Taormina per via del nipotino di sei mesi. Per finire con il “Decalogo del bambino educato al ristorante” stilato dal “Gambero Rosso”, che ha scatenato le ire di chi è genitore e il plauso di chi lo è ugualmente, ma ha solo educato i propri figli.