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Non è un segreto: la “fast fashion” è uno dei fenomeni collaterali della moda di cui si parla meno, malgrado secondo le stime sia responsabile del 10% delle emissioni serra che ammorbano il pianeta. Un fenomeno che nasconde un bieco sfruttamento dei lavoratori, la negazione dei diritti umani fondamentali e l’utilizzo di materiali sintetici che hanno un impatto devastante sull’ambiente.

Sprechi ormai considerati insostenibili che negli Stati Uniti hanno scatenato la prima reazione concreta: il “Fashion Sustainability and Social Accountant Act”, più noto semplicemente come “Fashion Act”. Nel dettaglio, si tratta di un disegno di legge, il primo al mondo di cui si abbia notizia, cha sarebbe al vaglio della commissione legislativa dello Stato di New York, e se approvato avrebbe le potenzialità di influenzare le aziende americane e non solo.

La legge, che sarà applicata a tutte le aziende che producono abbigliamento con fatturato superiore ai 100milioni di dollari, ha delle ambizioni molto alte: tracciare e monitorare il 50% delle rispettive catene di approvigionamento, ma anche l’obbligo di valutare e rendere pubblico l’impatto ambientale considerando le emissioni di gas serra, il consumo di acqua e l’uso di sostanze chimiche, e quello di fissare obiettivi specifici per ridurre consumi ed emissioni, comunicando nel dettaglio la provenienza delle materie prime e le eventuali percentuali di materiali riciclati. Fra gli obblighi anche rendere note le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei lavoratori. Il tutto in appena 12 mesi concessi per mettersi in regola, pena multe che possono arrivare al 2% del fatturato annuo.

Tra i più fervidi sostenitori del Fashion Act si è schierato fin dall’inizio Leonardo Di Caprio, attore noto per il forte impegno ambientale, che attraverso i propri canali social ha letteralmente chiamato all’azione i suoi fans. “Tra i sostenitori del disegno di legge, che sollecitano il governatore a firmare, figurano non solo organizzazioni per la giustizia ambientale e leader sindacali all’interno della catena di fornitura, ma anche marchi, aziende di innovazione e fornitori internazionali e con sede a New York che riconoscono di dover essere regolamentati e lo considerano un vantaggio per l’economia dello Stato, per il clima globale e per i diritti umani”. Accanto a Di Caprio, favorevoli all’approvazione della legge anche Jane Fonda, Cameron Diaz e Andy McDowell.