Negli anni Cinquanta, quelli del “boom” economico italiano, con la Lira che faceva invidia alle altre valute estere, qualsiasi idea era buona per svecchiare un Paese che usciva dalla guerra e aveva voglia di futuro. Alla “Motta”, l’azienda milanese fondata dal vulcanico Angelo Motta, ex pasticcere di Gessate inventore del panettone, viene in mente un’idea presa a prestito dagli “snack” che iniziano ad invadere l’America: le merendine.
Nei primi supermercati italiani, un’altra novità irresistibile, spunta il “Mottino”, nient’altro che un panettone in miniatura, soluzione pratica da infilare nella cartella dei bambini, che neanche i grandi disprezzano a colazione o durante la pausa del lavoro. L’idea funziona al punto che dagli stabilimenti Motta tirano fuori la prima, vera “merendina” italiana: il “Buondì”. Un prodotto da forno soffice che questa volta richiama la colomba pasquale, ricoperto da una glassa con granelli di zucchero che diventa compagna di merende per intere generazioni di italiani.
Il target dei bambini ormai è centrato come meglio non potrebbe, e i risultati delle vendite confermano che l’era delle merendine è ufficialmente iniziata. Dalla “Ferrero”, altro colosso dolciario italiano, rispondono con la “Brioss”, che oltre a nazionalizzare il termine francese “brioche” si associa all’idea delle torte delle mamme, ormai troppo impegnate per farle, a base di pan di Spagna e con in mezzo un sottile e sfizioso strato di marmellata. Negli anni ’70, il fenomeno non ha più confini: escono a ruota “Fiesta”, “Girella”, “Trancino”, “Saccottino” e “Crostatina”, chiarendo a tutti che il limite è ormai è solo una questione di gusti.
Moltiplicata in centinaia di varianti, la merendina attraversa imperterrita gli anni ’80 e ’90, ma all’inizio del nuovo Millennio finisce sotto accusa. Insieme alle bibite gassate, diventa l’indiziata numero uno dell’obesità infantile.
Il settore corre ai ripari ideando varianti più light, prive di grassi, zuccheri, lattosio e glutine che senza nulla togliere al gusto, assicurano un apporto calorico limitato.
Ancora oggi, a 70 anni da quei decenni epici, il settore degli snack viaggia a gonfie vele: come confermato da una recente ricerca di mercato, 8 italiani su 10 le consumano regolarmente 2-3 volte a settimana, per un mercato che vale 1,3 miliardi di euro. E le novità, che ogni anno assicurano almeno 8 nuovi prodotti sugli scaffali, viaggiano quasi sempre sulla certezza della migliore accoglienza, a patto che incidano il meno possibile sulla bilancia.