Accidenti, l’avessimo saputo prima forse avremmo evitato di preoccuparci per la crisi, l’energia, la guerra, le bollette, il Covid e via così. Perché ci sono notizie – poche, per la verità – in grado di far cambiare idea anche al più irriducibile dei pessimisti. Si tratta di due diverse declinazioni di qualcosa che conosciamo bene, che d’ora in poi sarà in grado di farci mangiare ancora più di fretta: le sottilette.
Le prime arrivano dal Giappone, si chiamano “Bourbon Chocolate” e sono - rullo di tamburi - delle straordinarie sottilette di cioccolato. A produrle è l’azienda omonima, che per il lancio ha scelto il cioccolato “Nama”, molto amato da quelle parti perché morbido e cremoso. Le sottilette “Bourbon Chocolate”, per adesso in vendita esclusivamente online in un quantitativo minimo di dodici confezioni da cinque fette ciascuna (alla modica cifra di 24 euro circa), hanno comunque un precedente. Si chiamavano “Cofflerette”, uscirono negli anni 70 e per qualche tempo diventarono la merenda preferita dei piccoli italiani di allora: non sporcavano ed erano pratiche, l’ideale per i rivoluzionari anni 70 - si potrebbe pensare - peccato che ancora oggi siano ricordate come un sonoro tonfo industriale e una sconfitta epocale degli uffici marketing.
Le “Bourbon Chocolate”, forse perché l’eco dello scivolone italiano è arrivato fino in Giappone, sono state lanciate accompagnate da un’abile campagna di comunicazione che illustra le più svariate e fantasiose applicazioni: dal panino al dolce di pasticceria, per arrivare a piccole opere d’arte di cacao intrecciato come fosse vimini.
E dagli Stati Uniti, dove probabilmente qualcuno morde d’invidia per la genialata giapponese, è da poco arrivata la risposta, e che risposta. Si chiamano “Ketchup Leather” e sono - altro rullo di tamburi, please - le prime sottilette della storia al ketchup. Loro, da quelle parti, consumano forse più ketchup che benzina: lo mettono ovunque - anche sulla pasta, per dire - ma da sempre gli rimproverano una certa invadenza. Chi ha mai provato ad addentare un hamburger con ketchup sa di cosa parliamo: è una lava inarrestabile che cola da ogni lato, vincendo la resistenza di qualsiasi tovagliolino fino a terminare la sua corsa sui pantaloni. Matematico.
Motivi sufficienti a spingere Ernesto Uchimura, non un inventore della porta accanto ma nientemeno lo chef del “Plan Check”, un ristorante di Los Angeles che ha negli hamburger uno dei piatti forti, a dare i natali alla sua sottiletta rivoluzionaria, di cui pare vada piuttosto fiero.
Il motivo che ha spinto Ernesto verso la scienza a fette non è noto: forse spinto dalle lamentele dei suoi camerieri, che ogni volta si ritrovavano a dover scrostare tavoli e sedie dal ketchup, o forse dalla necessità di abolire l’abominevole contenitore a spruzzo, se possibile capace di danni ancora maggiori. Fatto sta che sul menù del “Plan Check”, disponibile online, le “Keatchup Leather” sono da qualche tempo fra gli ingredienti di ogni hamburger.