Pigro, sciatto, apatico, inoperoso, inattivo, fiacco: fino a qualche anno fa, per descrivere comportamenti simili bastava fare ricorso ad un solo e unico termine: pelandrone. Una persona che non ha voglia di fare niente, a parte rigirarsi sul divano con la tutona XL e i calzettoni. La dannazione di qualsiasi genitore, disposto a sopportare quasi tutto dai propri figli, tranne l’apatia.
A riabilitare il “vivere sonnolento” ci ha pensato nientemeno che l’Oxford English Dictionary, che ha inserito il “Goblin Mode” fra i trend più potenti di questi anni, sospeso a metà fra il concetto di benessere personale e la psicologia.
Definito “un tipo di comportamento smaccatamente auto-indulgente di persone che rifiutano le norme e le aspettative sociali”, il Goblin Mode si deve in parte al ritorno alla normalità dopo il difficile periodo della pandemia, quando stare a casa e fare niente era prescritto dall’infilata di Dpcm. Ma uscire dal tunnel e tornare alla normalità per qualcuno ha significato un vero e proprio shock, che ha preferito di gran lunga restare in un torpore che racchiude il rifiuto di tornare nei meccanismi di una società che, ancora una volta, incurante di tutto il resto pretende sempre il massimo dell’efficienza, a livelli sempre più irraggiungibili.
A livello psicologico la faccenda si fa interessante, perché essere Goblin significa trovare il coraggio di uscire di casa esibendo senza timore la propria pigrizia, ma per contro, se assecondare i propri desideri è senz’altro benefico per l’autostima, dall’altra può diventare un problema – ammoniscono gli esperti – perché una volta superata la soglia di guardia, le conseguenze sulla vita privata potrebbero essere gravi e difficilmente superabili, sfociando facilmente in depressione.
Il termine “Goblin Mode” pare sia comparso per la prima volta sui social nel 2009, ma è diventato popolare solo di recente per descrivere il sentimento opposto a chi si presenta sempre al massimo degli standard estetici. Un po’ com’era l’esistenza di Bridget Jones, la protagonista di un film del 2001 in cui Renée Zellweger interpretava una trentenne frustrata, sovrappeso che delusa dall’amore spesso preferiva il pigiamone di flanella alle serate mondane, dando fondo a bottiglie di vodka e scatole di cereali davanti alla tivù.