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A Zurigo li chiamavano i “Grasfesser”, letteralmente i mangiatori d’erba. Erano i vegetariani, coloro che spinti più che altro da problemi alimentari erano costretti a privarsi della carne, uno dei simboli di agiatezza economica a cui chi rinunciava lo faceva per due soli motivi: o era povero, o un “Grasfesser”, un tizio un po’ strano. In ambedue i casi, un essere piuttosto disprezzabile.

Era il 1898, l’anno delle scoperte di Marie Curie e del brevetto della radio di Guglielmo Marconi: il mondo viaggiava spedito verso il futuro, e l’ultimo problema del pianeta era pensare ai problemi alimentari di qualcuno. Proprio quell’anno, ad Ambrosius Hiltl, un sarto ventenne di origine tedesca appena giunto a Zurigo in cerca di fortuna, viene diagnosticata una grave forma di gotta: o rinuncia per sempre alla carne, gli dice un medico, o gli resta poco da campare. Lui non si arrende: scopre che in città, sulla Sihlstrasse, ad una manciata di metri dal lago e dalla Bahnhofstrasse, la via principale di Zurigo, è nato da poco il “Vegetarierheim und Abstinenz Café”, un ristorante vegetariano. Entrarci non è semplice: i pochi clienti, per nulla attirati dall’idea di essere considerati dei “Grasfesser”, preferiscono utilizzare l’ingresso posteriore, più nascosto. Ambrosius diventa il cliente più assiduo, ma quelli come lui sono pochi e per il ristorante, malgrado le migliori intenzioni, far quadrare i conti non è semplice. Nel 1904, stanco di tirare la cinghia, il proprietario decide di mollare: i “Grasfesser” non hanno futuro.

È Ambrosius Hiltl l’unico a farsi avanti per rilevarlo, cambiando totalmente vita: subentra prima in affitto, si innamora di Martha, la cuoca, fino a portarla sull’altare e appena tre anni dopo, nel 1907, è pronto per acquistare il ristorante.

Il resto di questa storia racconta del più antico ristorante vegetariano-vegano del mondo, addirittura entrato nel Guinness dei Primati, ancora oggi condotto da quella che è ormai la quarta generazione della famiglia Hiltl. Per carità, in quasi 125 anni di storia i momenti duri ci sono stati, visto che, calendari alla mano, c’è di mezzo una guerra mondiale, razionamenti di cibo e qualche crisi, tutto affrontato dai discendenti con la stessa testa dura di Ambrosius, un tizio che non sapeva cosa volesse dire arrendersi. E per quel gioco dell’assurdo, in certi periodi è stata proprio la mancanza di carne a far crescere la clientela di “Hildl”, così come - al contrario - l’era del benessere e la comparsa della fettina nell’alimentazione degli svizzeri ha portato in dono al ristorante anni di sconforto assoluto.

Qualcosa inizia a cambiare negli anni Settanta, quando fra le giovani generazioni si fa strada un principio di coscienza ambientale, oltre ad una curiosità verso la cucina alternativa. Hiltl cavalca i tempi, trasformandosi in un templio del gusto, con una ricerca incessante verso piatti e culture di posti lontani che continua ancora oggi: fra il personale, ci sono persone provenienti da oltre 40 paesi diversi.

Oggi, il ristorante “Hildl” è un posto di classe, totalmente rinnovato nel 2006 e frequentato da una media di 1.500 persone ogni giorno. Un tempo i clienti erano idealisti, sognatori o soltanto gente costretta a mangiare verdura, oggi sono palati fini che non rinunciano alla tavola, ma semplicemente non vogliono trasformare i piaceri della gola in una condanna a morte per qualche animale. Nel tempo, l’Hiltl si è ampliato, diventando un bar, una discoteca ed una scuola di cucina, ma anche una catena di ristoranti, la “Tibits by Hiltl”, aperti a Berna, Basilea, Winterthur e Londra, con progetti di espansione in tutta Europa. A proposito: Ambrosius Hiltil è riuscito a campare fino a 93 anni. Alla faccia di chi lo chiamava “Grasfesser”.