Galleria fotografica

Secondo un’antica credenza popolare, ognuno di noi avrebbe 7 sosia al mondo. Ma oggi, grazie alla tecnologia, la cifra è stata rivista al ribasso: le probabilità di aver una copia conforme di sé stessi tra gli 8 miliardi di persone che abitano il pianeta, è assai bassa.

E in fondo, neanche il fotografo canadese François Brunelle si è messo in testa di trovarli tutti, malgrado da vent’anni esatti un progetto ambizioso e difficile gli riempia le giornate. Con il suo “I’m Not a Look-Alike!”, Brunelle gira il mondo a caccia di sosia, e finora ne ha trovati centinaia. Sia chiaro, si tratta di gente che non è legata da vincoli di parentela, e che spesso e volentieri viveva a migliaia di km distanza uno dall’altro e parlava addirittura lingue diverse, ma che la natura nelle sue lunghe scorribande genetiche ha creato utilizzando lo stesso stampo.

Tutto, ha raccontato il fotografo, è iniziato nel lontano 2000, per l’esattezza il giorno in cui lui stesso è entrato in un locale e il barista l’ha salutato affettuosamente chiedendogli se gradisse “il solito”. E quando Brunelle ha chiesto se si conoscessero, l’altro un po’ perplesso ha risposto “sì, certo, sei un cliente abituale”.

La sensazione di essere il sosia di qualcuno è in realtà assai comune, a tanti succede di essere scambiati per altre persone, “Io stesso sono stato scambiato più volte per Rowan Atkinson, cioè Mr. Bean”, ha ammesso il fotografo.

Scattata la molla, François Brunelle non ha più smesso, rintracciando più di 250 coppie di sosia, tutte riprese utilizzando il bianco e nero, “Perché rivela l’essenza di chi hai davanti, rimuove le distrazioni del colore e permette di vedere la persona in maniera più pura. È come fare uno sketch con una matita: riesci a cogliere le strutture fondamentali delle cose. In fondo, gli artisti abbozzano le loro idee con un pezzo di carta e una matita”.

Un lavoro che, iniziato dalla ricerca casuale per strada, si è fatto ben presto impegnativo: all’inizio fotografava la gente incontrata per strada segnandosi i contatti e quando individuava il sosia li faceva incontrare, gustandosi lo stupore di chi si trova davanti una copia perfetta di sé stesso in carne e ossa e non il riflesso di uno specchio. “In questo modo ho trovato dalle dieci alle trenta coppie, ma poi è diventato tutto troppo faticoso. Così ho coinvolto i media, pregandoli di diffondere il progetto”. Peccato che, almeno all’inizio, nessuno sembrava particolarmente interessato a parlare del suo progetto, fin quando è bastato un articolo per far scattare il resto: “Sono iniziate ad arrivare decine di e-mail da ogni angolo del mondo in cui molti, ovviamente, mi chiedevano di trovare il loro sosia. A quel punto, la vera sfida è stata mettere insieme queste persone, soprattutto se abitavano lontane. Ho iniziato I’m Not a Look-Alike! per me stesso, cioé per una soddisfazione personale, sperando che altre persone provassero la mia stessa gioia guardando gli scatti, poi qualcosa è cambiato: una volta, una ragazza mi ha scritto una e-mail chiedendomi di trovarle una sosia poiché si sentiva sola. E per me è stato emozionante sapere di quell’adolescente che cercava disperatamente qualcuno che le somigliasse”.