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Negli anni Ottanta, nel pieno del dominio assoluto sul mercato della droga del cartello di Medellin, in Colombia, crescono a dismisura anche i soldi e le manie di grandezza di Pablo Escobar, il “leggendario” signore del narcotraffico. Inebriato dall’idea di essere un vero sovrano, Escobar decide di importare diversi animali selvatici dall’Africa per rendere unica l’esperienza dei 3000 mq di verde racchiusi nella “Hacienda Nápoles”, la sua tenuta faraonica. Oltre a moto d’acqua, go-kart e moto da cross, per sollazzare i suoi ospiti “l’imperatore della cocaina” popola la tenuta con zebre, antilopi, elefanti e quattro ippopotami, tre femmine e un maschio.

Diventato un personaggio troppo scomodo, Escobar muore in uno scontro a fuoco con la polizia il 2 dicembre 1993, e degli animali della sua tenuta si dimenticano tutti con la stessa velocità con cui l’intera Colombia vuole cancellare l’ombra scura del narcotrafficante che ha bollato per anni un Paese intero. Hacienda Nápoles finisce in rovina, depredata da tutto ciò che costudiva di prezioso. Gli animali sono destinati a parchi e strutture, ma non gli ippopotami, i più complicati da spostare, che in attesa di decisioni da parte delle autorità da allora hanno continuato imperterriti a vivere e riprodursi tanto nei laghi della Nápoles quanto all’esterno, dove sono riusciti a fuggire ormai anni fa.

Il resto lo ha fatto l’abbondanza di cibo e acqua della zona, che hanno favorito la nascita di una colonia che fino a pochi anni fa era stimata in 80 esemplari, diventando una minaccia per il sistema biologico e per la popolazione. Per essere chiari, gli ippopotami – animale dall’aria pacioccona – sono in realtà mammiferi lunghi fino a 5 metri e pesanti 3 tonnellate dall’indole assai aggressiva: velocissimi in acqua e sulla terraferma nonostante delle zampette sproporzionate alla mole, in Africa uccidono circa 500 persone ogni anno e sono considerati una delle specie invasive più grandi al mondo.

Negli anni, avvistamenti e segnalazioni nei parchi cittadini e nei giardini delle scuole, così come le aggressioni e il potere distruttivo di ogni loro passaggio, si sono moltiplicate mandando in crisi le autorità. Ma oltre alla strenua difesa degli ambientalisti, gli ippopotami della cocaina sono ormai un motivo di turismo che complica ulteriormente qualsiasi decisione.

“Quando le autorità colombiane hanno riconosciuto per la prima volta la velocità con cui la popolazione di ippopotami stava crescendo - afferma Jorge Moreno Bernal, paleontologo dell’Università del Nord a Barranquilla - sono state attuate misure per ridurne il numero. Nel 2009 sono state divulgate foto dell'uccisione di Pepe, il maschio di Escobar, da parte dei soldati, e questo ha portato alle proteste delle associazioni in difesa degli animali. Da allora, il Ministero dell'ambiente è sprofondato in una sorta di paralisi istituzionale: nessuno osa decidere più nulla”.

Da poco, grazie all’uso massiccio di droni, è stato realizzato un censimento corredato da un report che parla chiaro: il numero di esemplari ha ormai raggiunto una cifra compresa fra i 180 e i 210 capi. Ma soprattutto, se non si agisce in tempo, entro il 2035 la popolazione potrà tranquillamente superare il migliaio di capi, con tutto quello che comporterebbe sull’ecosistema colombiano.

Degli ippopotami di Escobar si è occupata di recente la rivista “Nature”, che chiedendo il parere di esperti ha stilato alcune proposte, molte assai costose e non tutte di facile realizzazione. Si va dalla distribuzione degli esemplari presso parchi naturali, giardini zoologici e aree selvatiche prive di presenza umana, soluzione quest’ultima che però richiederebbe la creazione di barriere per evitare lo sconfinamento. O ancora l’abbattimento programmato, l’eutanasia, la castrazione e la somministrazione forzata di contraccettivi. Di recente, il governatore Anibal Gaviria, ha deciso di spostare 70 esemplari: 60 in India e 10 in Messico.