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Fra le peculiarità ricorrenti nella vita di fantasia dell’agente segreto più celebre di sempre ci sono le donne conquistate, di qualsiasi razza, religione e cultura, ma una più gnocca dell’altra, il leggendario vodka Martini agitato e non shackerato, una pistolina (intesa come arma, maliziosi…) che sembra un giocattolo rispetto agli arsenali dei suoi nemici – eppure gli basta - e l’essere stato ovunque nel mondo.

L’obbligo contrattuale di essere perennemente al servizio di Sua Maestà e il compito di prevenire, arginare o eliminare i pericoli lo porta da 60 anni in giro per il mondo, su atolli paradisiaci, isole vulcaniche, ghiacci perenni e metropoli tentacolari. È una delle cifre di Bond, come sottolineato più volte dagli storici produttori, Michael G. Wilson e Barbara Broccoli: “Le destinazioni non sono solo sfondi, nei nostri film sono personaggi. E ogni volta siamo obbligati a trovare luoghi che non sono stati visti, oppure fare qualcosa di spettacolare in un luogo noto, come l'inseguimento a Roma in Spectre del 2015”.

Così in fondo l’aveva immaginato Ian Fleming, padre letterario di 007: un bell’uomo elegante, affascinante, scaltro, abilissimo nel corpo a corpo, esperto di armi ed esplosivi, capace di guidare di tutto, da una vecchia Fiat 500 ad un sommergibile nucleare, passando per sci, aerei, elicotteri e deltaplani. Insomma, un tizio infallibile, non a caso.

Lo stesso Fleming, ex militare, giornalista e scrittore londinese, amava i viaggi e l’idea di Bond, James Bond, secondo la leggenda gli era balenata durante un soggiorno a “Goldeneye”, la sua amatissima tenuta di Ocho Rios, in Giamaica, dove amava ritirarsi. Nascono lì “Casino Royale”, il primo libro, seguito da “Vivi e lascia morire”, “Dr. No” e “L’uomo con la pistola d’oro”, in cui 007 attraversa mari & monti a caccia di cattivi e belle donne.

Uno dei motivi del successo dei film, ambientati di volta in volta alternando le mete più esclusive a quelle più inaccessibili, in un momento storico in cui i viaggi erano appannaggio di ricchi e ricchissimi, mentre il resto del mondo si divideva al massimo fra Alassio e Riccione, quando andava bene.

Ma a ripercorrere la lunga carriera di globetrotter di 007 ci ha pensato lo scrittore Daniel Pembrey, autore di “James Bond destinations”, un volume che passa in rassegna i luoghi dove 007 ha lottato, amato e vinto.

È proprio nella natura incontaminata in Giamaica, amatissima da Fleming, che Bond affronta le cascate di Dunn’s River Falls, dove secondo il racconto era stato inviato dalla fredda Londra per sculacciare un cattivone. Ma Bond è Bond, e nessuno si stupisce più se nel giro di un paio di inquadrature scala le vette delle Alpi, quindi si fionda in India, poi si tuffa nel blu del Mediterraneo e per finire lo lanciano nello spazio, con l’immancabile smoking nascosto sotto la tuta pressurizzata.

Nelle mete elencate nel libro c’è davvero il mondo intero: dalla Moschea Blu di Istambul alla spianata di Giza, in Egitto. Ma saltano all’occhio alcune predilezioni dell’autore e della produzione, a cominciare dell’Italia, che ha fatto spesso da sfondo alle avventure di Bond: dalla Sardegna di “La spia che mi amava”, con scene girate vicino ad Olbia a Cortina d’Ampezzo (Agente 007, solo per i tuoi occhi), al lago di Como (Casino Royale), passando per i canali di Venezia, il lago di Garda, piazza del campo a Siena, le cave di marmo di Carrara, i marmi antichi di Roma e i sassi di Matera.

Non è da meno, sottolinea l’autore, la presenza ricorrente del Sudamerica, a cominciare dalle cascate di Iguazù, in Brasile, la foresta amazzonica, le pampas argentine e il pan di zucchero di Rio de Janeiro.