Tre minuti sono sufficienti ad uno chef per preparare un’ottima frittata, ma bastano anche per concedersi una pausa di meditazione e per finire tre minuti è il tempo concesso dalle grandi aziende americane a chi vuole presentare un progetto. Ma tre minuti sono anche quelli che il terminal partenze dell’aeroporto di Dunedin, in Nuova Zelanda, ha deciso di concedere a baci, saluti e abbracci fra chi resta a terra e chi sta per salire su un aereo.
Secondo Dan De Bono, direttore di uno scalo considerato di media grandezza, con poco meno di un milione di passeggeri in transito ogni anno, “Tre minuti sono un lasso di tempo più che sufficiente per attivare gli ormoni della felicità generati da un buon abbraccio. È un tempo che ho sperimentato su me stesso, giungendo addirittura alla conclusione che per me, venti secondi sono più che sufficienti”.
Una regola che malgrado rientri in un piano per migliorare la sicurezza ed evitare intasamenti di veicoli nelle vicinanze della zona dei check-in, ha suscitato pareri e reazioni discordanti. Da chi ha bollato la decisione come “disumana” a chi invece ha ironizzato, chiedendo se l’aeroporto ha pensato di assumere personale autorizzato a cronometrare il tempo degli abbracci che si scambiano i passeggeri. “Per affettuosità più prolungate – specifica un cartello - si prega di utilizzare il parcheggio”.
In realtà, l’aeroporto neozelandese non è l’unico ad aver istituito un tempo massimo per i saluti: diversi scali, compresi alcuni in Italia, hanno istituito da tempo la zona “Kiss & Fly”, concedendo tempi variabili ai saluti. Si va dai 15 minuti del Dubai International, il Phuket International, il Praga Václav Havel e il Copenaghen Kastrup, per arrivare addirittura ai 30 messi a disposizione negli scali di Hong Kong, Tokyo e Palma di Maiorca. Fra i più drastici il “JFK” di New York, il San Francisco International e il Los Angeles International, in cui non esiste alcun tempo massimo: chi è in partenza deve scendere dall’auto che lo accompagna appena questa si ferma.