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Se n’è andata a 93 anni, nella sua casa nel Surrey, “serenamente”, come ha scritto la famiglia. Mary Quant, l’inventrice della minigonna, la donna che ha rivoluzionato gli anni Sessanta regalando alle donne di ogni epoca il piacere sottile di mostrare senza paura una parte del proprio corpo, la più aggraziata, sensuale e sinuosa che ci sia.

Era nata nel 1930 a Blackheat, un sobborgo di Londra, figlia di due insegnanti gallesi che per lei sognavano la stessa carriera tranquilla. Ma Mary non ne voleva sapere, troppo ribelle per un mestiere impettito come per le ordinate periferie londinesi con le finestre piene di tendine a fiori. A 16 anni saluta mamma e papà scegliendo di vivere come capita nel centro della capitale inglese che inizia a ribollire di cultura e giovani da ogni parte del mondo, trasformandosi lentamente nella “Swinging London”. Farà il resto l’incontro con Alexander Plunket Greene, nipote del filosofo Bertrand Russel, un giovanotto che malgrado i natali in un’ottima famiglia aveva scelto la vita “bohémien”. I due mangiano quando riescono, dormono dove possono, si spostano facendo autostop, indossano quel che passa per la testa a Mary, che per se stessa preferisce le gonne corte e gli stivali.

L’amicizia con Archie Mc Nair, ex avvocato diventato fotografo, offre ai due l’opportunità di acquistare una casa, mettendo insieme un prestito di quest’ultimo e una somma di denaro ereditata da Alexander. Trovano il posto giusto in Kings Road, nel centro di Londra: nel seminterrato aprono un ristorante, al piano terra “Bazaar”, la boutique che vende le creazioni di Mary, affidando il lancio delle sue prime collezioni a “Twiggy”, nome d’arte della modella Leslie Hornby, uno dei simboli della cultura “Sixties”.

Ci mette poco, l’indirizzo, a diventare popolare fra i giovani, che nelle minigonne cortissime di miss Quant trovano il modo di dire basta al bigottismo della classe media britannica e ai modi ingessati imposti dalle famiglie e dalle scuole. Insieme ai jeans, all’amore libero e al no alle guerre, a guidare gli anni della rivoluzione sono la musica dei Beatles, con i capelli lunghi e gli stivaletti col tacco, e le immancabili minigonne di Mary Quant.

Nel giro di poco, la boutique raddoppia aprendo un punto vendita altrettanto perennemente affollato in Brompton Road, Knightsbridge, una delle zone più snob, impettite e conformiste di Londra. L’eco delle minigonne che urlano il piacere di sentirsi donne scavalca l’oceano spingendo Mary a creare il “Ginger Group”, società che esporta le sue creazioni negli Stati Uniti, che le accolgono a braccia aperte, a cui poco dopo affianca una linea di cosmetici ed una di calzature.

Nel 1966, la ragazza che viveva sotto i ponti con il fidanzato stravagante entra a Buckingham Palace per ricevere la medaglia di Cavaliere delle Corona Britannica dalle mani della regina Elisabetta II, titolo raddoppiato nel 2014 con quello di “Dame”, Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico.

L’idea della minigonna, diranno gli storici, non è di Mary Quant ma del sarto francese André Courrèges, che nel 1964 aveva lanciato una collezione di abitini corti. Ma è comunque Mary a rendere la minigonna una sorta di bomba atomica sociale accorciandola ancora di più, fino al limite del mostrabile, da portare rigorosamente con stivali e collant, un’altra novità di quegli anni.

Se a Coco Chanel la storia riconosce il merito di aver messo i pantaloni alle donne, allora Mary Quant va quello di aver insegnato come toglierli.