È dalla metà degli Trenta del secolo scorso, quando il “Daily Mail” pubblica la celebre foto di Robert Kenneth Wilson che ritrae l’altrettanto leggendaria “Nessie”, soprannome affettuoso del mostro di Loch Ness, che il mondo è affascinato da quella misteriosa presenza.
Da allora, secondo i calcoli dell’Official Loch Ness Monster Fan Club, sarebbero seguiti un migliaio circa di avvistamenti, ma nessuno in grado di dimostrare in modo inconfutabile se il mostro esiste davvero.
E a nulla è servita, anni dopo, la scoperta che la foto di Wilson era un falso: una finta testa di serpente montata alla meno peggio su un sottomarino giocattolo. Per il mondo, sempre avido di misteri, quella sarebbe rimasta comunque la prova provata dell’esistenza di un mostro che infesta l’omonimo lago scozzese, specchio d’acqua peraltro destinato all’anonimato, senza la curiosità che ogni anno spinge milioni di turisti sulle sponde nella speranza di avvistare Nessie.
Negli anni, sull’argomento fior di scienziati e antropologi hanno sprecato fiumi d’inchiostro e perso settimane scandagliando il fondo del lago, per arrivare sempre al medesimo risultato: non esistono prove o tracce concrete dell’esistenza del mostro, e i pochi documenti visivi che lo ritrarrebbero sono bufale costruite ad arte o effetti scientificamente spiegabili. A livello scientifico, l’ecosistema del piccolo lago non permetterebbe ad una creatura gigantesca di sopravvivere e riprodursi. Ma anche in questo caso, il popolo di chi ci crede ribatte di avere prove certe che il mostro uscirebbe dal lago per cacciare prede nei boschi circostanti. Insomma, non c’è niente da fare: il mostro deve esistere per forza, in un modo o nell’altro.
Ma alle centinaia di teorie legate alla misteriosa presenza di Nessie, si è aggiunta da poco quella di Adrian Shine, naturalista inglese membro dell’autorevole “Royal Geographical Society”, che da mezzo secolo indaga sul fenomeno utilizzando le più moderne tecnologie. Ed è proprio grazie a quelle che Shine è giunto alla nuova conclusione: quello ritratto nella maggior parte delle immagini che circolano non è un mostro, ma un pacifico cigno.
La teoria, racchiusa insieme agli studi più recenti nel volume “A natural history of sea serpents” (La storia naturale dei serpenti d mare), sarebbe avvalorata dalle immagini fake volutamente realizzate tempo prima dal fotografo finlandese Tommi Vainionpaa, che ha letteralmente costruito delle foto del mostro rielaborando immagini di cigni.
“Anche le onde che i visitatori vedono, e scambiano per i movimenti del mostro sotto il pelo dell’acqua, sono movimenti provocati per lo più dalle barche - ha dichiarato Adrian Shine durante la conferenza stampa di presentazione del libro - certo, a Loch Ness ci sono creature dal lungo collo, ma si chiamano cigni e non sono dei mostri”.
Basterà la scoperta per smontare definitivamente la scoperta? “Non credo: la fantasia popolare si è impossessata di questa storia e non la mollerà mai”.