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Esiste un trucco per far breccia nella bacheca dei sogni degli appassionati di auto: unire il massimo della tecnologia possibile ad un dolce sapore retrò. La combinazione, è provato, non solo regala la piacevole sensazione di essere amici del pianeta, ma anche quella altrettanto appagante di viaggiare a bordo di qualcosa che sembra riesumato dal passato. Se poi, l’alchimia si completa con altri dettagli, come non essere un’auto di grande produzione, ma limitata a pochi esemplari per altrettanti fortunati, allora il gioco è fatto.

È la formula che ha permesso alla “Project Thunderball” di trasformarsi in un piccolo, grande successo automobilistico, in un momento storico in cui i grandi marchi annaspano alla ricerca di ossigeno per dare fiato ai bilanci. La Thunderball è stata studiata per offrire tutto quel che serve per diventare una vera outsider: innanzi tutto è una classica roadster due posti a trazione posteriore, e questo è sempre un punto a favore, secondo è totalmente elettrica, terzo assicura prestazioni da urlo come 200 km/h di velocità massima (solo perché autolimitata), scatto da 0 a 100 in 2,9 secondi e autonomia pari a 500 km. A spingerla ci pensano due motori elettrici con batteria agli ioni di litio da 800 Volt e 92 kWh, per una potenza totale di 500 kW, ovvero 680 CV, e 1100 Nm di coppia massima.

La produce da zero la “Weismann Auto-Sport”, factory tedesca creata nel 1988 dai fratelli Friedhelm e Martin Weismann che, secondo la leggenda, dopo una visita al salone dell’auto di Essen, decidono di cavalcare il sogno creando dal nulla un marchio che lanciasse la sfida ai produttori di auto sportive attraverso modelli inediti, capolavori di design e tecnologia. Come logo dell’azienda, i due scelgono il geco, il piccolo rettile che vive attaccato ai muri, esattamente come le loro creazioni dovevano restare incollate all’asfalto.

Il sogno dei fratellini Weismann resiste qualche decennio, tempo sufficiente per farsi notare grazie ad alcuni modelli che sequestrano lo sguardo, ma se la consistenza di un marchio “di nicchia” permette molte libertà, dall’altra toglie spesso la moquette finanziaria. Nel 2013, l’azienda presenta una procedura d’insolvenza al tribunale di Muenster, seguita dalla nomina di un curatore fallimentare a cui spetta anche il compito di sondare l’interesse di una cordata inglese. Ma non se ne fa nulla, e nel maggio del 2014, l’azienda chiude.

Due anni dopo, Roheen Berry, imprenditore, appassionato, collezionista e soprattutto miliardario, rileva per intero la Weismann Auto-Sport con l’idea di rilanciare il marchio rendendolo ancora più esclusivo di un tempo e l’obiettivo di ritagliarsi uno spazio in prima fila fra i costruttori. In pratica, riprende esattamente da dove avevano mollato i due fratelli.

Da qui si torna alla “Project Thunderball”, che non fa in tempo ad uscire in prevendita online per fare registrare il tutto esaurito della prima informata, ovvero l’intera produzione del 2023. E questo, malgrado i 300mila dollari di partenza necessari per portarsela a casa.