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Contare i raduni degli appassionati vecchie auto è impresa quasi impossibile: sono migliaia e a volte vanno in scena in luoghi non sospetti. È esattamente il caso di “Pandarino 2023”, mega kermesse di gente innamorata persa della Panda, la superutilitaria Fiat nata nei semplici anni Ottanta e ancora oggi in libera circolazione sulle strade di tutto il mondo, giunta ormai alla terza generazione, lanciata nel 2011 e venduta in 80 milioni di esemplari in 40 anni di onorata carriera.

Pandarino però non è andato in scena nel torinese, in un comune della bassa Padana o in una località di mare del sud, tanto per sollazzare i turisti, ma ad Hamamatsu, prefettura di Shizuoka, sull’isola di Honshu, forse non a caso resa celebre dalla presenza della Suzuki.

E in fondo è confortante scoprire che anche lì, dove la tecnologia sposa la quotidianità, c’è gente che ha perso la testa per il “pandino”, soprattutto il primo, quello disegnato da Giugiaro, limitato nella scelta a Panda 30 o 45, prodotto fra il 1980 e più o meno la metà del decennio successivo.

Sui prati intorno ad Hamamatsu, sono arrivati in 300 da tutto il Giappone, siglando una sorta di gemellaggio con “Panda a Pandino”, il più celebre e affollato raduno italiano, in scena nella cittadina del cremonese proprio sabato 17 e domenica 18 nell’area del Castello Visconteo.

Quello della Panda in Giappone è di per sé un caso anomalo: in un mercato dove i marchi locali dominano incontrastati lasciando alla concorrenza poco più delle briciole, la piccola marchiata Fiat è sempre stata un’eccezione rarissima. A fare breccia nei gusti dei giapponesi, per altro affascinati dalla cultura italiana, la praticità, lo spazio di carico, l’essere facile da parcheggiare, affidabile e accessibile nel prezzo, malgrado il lungo viaggio fatto per arrivare fino a lì.

In più, in qualche modo, il “pandino” è stato l’antesignano delle “Kei car”, le piccole auto da città che vanno per la maggiore nelle grandi metropoli nipponiche, complice la mancanza di spazi e parcheggi.

Ma come sempre, la Panda in versione giapponese non si presentava essenziale com’era nei mercati nostrani: da quelle parti gli accessori sono sempre stati il minimo comun denominatore e guai a spiegargli che l’aria condizionata e il cambio automatico non erano previsti.