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Davanti sì, dietro no. È il curioso – e un po’ preoccupante – ritratto dell’automobilista italiano secondo l’indagine di sorveglianza “Passi”, il programma dell’Istituto Superiore di Sanità che scruta abitudini e manie di chi si muove su quattro ruote.

Le leggi, ma soprattutto le multe salate, hanno fatto il loro dovere: oggi la maggior parte allaccia diligentemente la cintura quando siede al volante o accanto al guidatore. Ma appena si scivola sui sedili posteriori, la sicurezza sembra diventare un optional.

Solo uno su tre confessa di usare sempre la cintura dietro, mentre gli altri si sentono forse protetti da una sorta di bolla invisibile, oppure pensano che “tanto il viaggio è corto”. Così, resta la solita minoranza virtuosa tipica dell’Italia – quel 34% che non fa distinzioni tra davanti e dietro – a dare il buon esempio.

Va decisamente meglio sulle due ruote, dove il 96% degli intervistati dichiara di indossare il casco. Segno che la paura di una multa (o peggio ancora di conseguenze fisiche) funziona più del buon senso da sedile posteriore.

Ma la geografia, anche qui, racconta un’Italia spaccata in due: al Sud solo il 18% usa sempre le cinture, mentre al Nord si sale al 54%. E i bambini? Anche qui luci e ombre: quasi un quarto dei genitori meridionali ammette di non usare sempre il seggiolino o di non averne mai comprato uno.

Poi c’è l’altro vizio, se possibile ancora più pericoloso: l’alcol al volante. Un 6% confessa talvolta di guidare dopo aver bevuto. Tra i giovani dai 18 ai 21 anni la quota scende di poco – 5% – ma l’incoscienza resta la stessa.

E guardando a età e genere, le cifre si fanno ancora più eloquenti: 7% tra i 25 e i 34 anni, e ancora il 7% degli uomini contro un 3% delle donne.

Il quadro finale è un ritratto poco edificante di un popolo che viaggia con le cinture slacciate, incurante dei seggiolini e magari con qualche bicchiere di troppo in corpo: l’Italia al volante è un Paese che conosce le regole, ma le lascia sul cruscotto.