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Poveri o ricchi, difficilmente al mondo esiste qualcuno contento di pagare la tasse. George Orwell, l’autore del controverso romanzo “1984”, amava ripetere che “Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare tasse e imposte”.

Eppure esiste un piccolo gruppo di americani che la pensa in modo completamente diverso e chiede al proprio governo di essere tassati ancora di più.

Sono i soci di un club esclusivo di paperoni che si è autodefinito “Patriotic Millionaires”, talmente ricoperti di denaro da non essere affatto preoccupati se i loro imperi fossero tassati ancora di più. Anzi, lo chiedono con forza pretendendo in cambio che i soldi siano distribuiti in modo equo, per togliere a milioni di americani la sindrome della bolletta da pagare.

Sul loro sito ufficiale, i Patriotic Milionaires si definiscono cittadini che condividono una profonda preoccupazione per il livello destabilizzante di disuguaglianza economica e politica in America, causa principale dell’attuale disagio sociale. Cerchiamo di riformare l'economia politica del nostro Paese in modo che generi una maggiore uguaglianza economica e politica, presupposto per una nazione stabile e prospera”.

Il gruppo si è riunito per la prima volta nel 2010 per chiedere la fine degli sgravi fiscali di Bush per i milionari, suscitando immediatamente l'attenzione del pubblico: nel giro di una notte, il gruppo è diventato un fenomeno mediatico che negli anni ha attirato l’attenzione dei media.

A guidare idealmente il gruppetto di gente “limonata” dalla fortuna è Abigail Disney, 63 anni, la nipote di Roy, a sua volta fratello di Walt, l’inventore di un impero dell’intrattenimento che non conosce confini. Per meglio spiegare l’insolita richiesta della pattuglia di milionari che amano le tasse, la signora Disney ha voluto dedicare “The American Dream and other Fairy Tales”, un documentario in cui racconta la sua esperienza nelle vite di alcuni dipendenti del parco di divertimenti di Anaheim, in California. Gente pagata poco e costretta a orari massacranti per coprire ruoli lasciati vuoti dai tagli dei dipendenti. “C’era un tempo in cui i nostri dipendenti potevano permettersi una vita dignitosa, con l’assicurazione sanitaria e il denaro necessario a mandare avanti la famiglia – tuona Abigail – e lavorare duro significava assicurarsi una carriera all’interno dell’azienda. Ora non è più così”.

Per miss Disney, l’inizio della fine nei meccanismi dell’impero di Topolino e Paperino è iniziato con l’era di Ronald Reagan, presidente ricordato anche per aver tagliato le tasse ai ceti più abbienti ed una durissima battaglia ingaggiata con i sindacati.

Ai vertici della Disney inizia proprio in quegli anni il regno di Michael Eisner, un manager dai modi bruschi e le idee allineate a Reagan che dopo aver tagliato gli stipendi con l’accetta provoca il primo sciopero dei dipendenti nella lunga storia della Disney.

Tutto questo, è certa Abigail, deve finire. “Siamo passati da ‘La vita è meravigliosa’ a ‘Wall Street’, in cui Michel Douglas – alias Gordon Gekko – afferma che l’avidità è una cosa buona, ispirando intere generazioni di top manager. Sia Bush che Trump hanno fatto tagli alle tasse a quelli come me, che non ne hanno alcun bisogno, aumentando del 20% il debito pubblico e danneggiando fasce enormi della popolazione. Io pago meno tasse della mia assistente, semplicemente perché la maggior parte del mio patrimonio è in azioni e non in denaro”.

In un panorama fatto di egoismo e avidità, qualcuno nel tempo si è distinto, ricorda Abigail: “Gordon Buffet, che oltre ad appoggiare numerose iniziative umanitarie ha promesso di dare in beneficenza il 99% delle sue fortune, o ancora Bill Gates che ogni anno dona ingenti somme nella lotta a malattie come l’Aids. Ma è comunque un approccio sbagliato, perché sono loro a decidere dove e come va il denaro, togliendo la possibilità allo stato di coprire le carenze strutturali che inaridiscono la società americana”.