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C’era lei che baciava lui e lui che baciava lei, ma non era del tutto colpa loro: pulsavano gli irrefrenabili anni ’60, e il sesso si era liberato del senso di peccato che manda all’inferno per diventare un passaporto verso il paradiso. La vita di Pattie Boyd si riassume in una serie di storie d’amore, spesso sovrapposte tra loro, che involontariamente hanno scritto la storia del rock.

Nativa di Taunton, nel Somerset, prima di quattro figli, per arrotondare lo stipendio da commessa in un negozietto di Londra accetta di prestare il volto alla pubblicità di uno shampoo per “Elizabeth Arden” dopo essere stata notata da un talent scout. Pattie è bella, bionda, filiforme come da allora in poi sarebbero state le modelle, ma soprattutto ha un’aria perennemente sospesa fra la bimba sperduta in cerca di protezione e la donna che un attimo dopo sa trasformarsi in una tigre affamata. Lavora per Mary Quant, quella della minigonna, e per i primi marchi di outfit che si affacciano sulla scena londinese, posa per fotografi di grido e finisce sulle copertine dei magazine più letti.

Di lei si accorge George Harrison, il Beatle più schivo, che dopo averla incontrata sul set di un film della band la porta sull’altare e subito dopo nel celebre viaggio in India che avrebbe segnato profondamente i quattro “scarafaggi” di Liverpool. George è quello che più di tutti rimane colpito dalla religione indiana, tanto da cambiare completamente vita e carattere, molto meno di sua moglie Pattie, che liquida il viaggio come una perdita di tempo. Insieme alle droghe e alle scappatelle di cui non riesce a fare a meno, la vita con George diventa così impossibile da convincerla a ripagarlo con la stessa moneta: la fotografano con Mick Jagger e secondo molti finisce nel letto con John Lennon, anche lui colpito fin dall’inizio da Pattie la bambolina bionda.

Ma è l’attivo sulla scena di Eric Clapton, il talento della chitarra amico dei Beatles, a scompigliare le carte: “Slowhand” perde letteralmente la testa per Pattie, diventata la sua ossessione e la protagonista di due delle sue canzoni più celebri, “Layla” e “Wonderful tonight”.

All’inizio Pattie resiste, poi cede all’amore di Clapton, che in realtà cambia di poco il registro: anche lui beve, fa uso di droghe e non si lascia scappare neanche una minigonna. Per lei è il secondo matrimonio che va in frantumi, ma il suo nome è ormai entrato di diritto nella storia della musica di un decennio che la storia la stava scrivendo per davvero. Sparisce dalle scene, inseguita dalle voci e dalla curiosità di una donna capace di imbambolare due rockstar leggendarie.

Nel 2015 sposa l’agente immobiliare Rod Weston, conosciuto nel 1991, e nel 2007 pubblica “Wonderful Tonight: George Harrison, Eric Clapton, and Me”, la sua autobiografia. Ma dopo più di 60 anni da quei giorni, che per quanto complicati e dolorosi restano epici, Pattie Boyd – oggi una tranquilla signora 79enne - ha deciso di liberarsi di tutto ciò che le resta dei suoi due amori più celebri.

Pieni d’amore fino a diventare melensi, George Harrison ed Eric Clapton l’hanno coperta per anni di lettere, foto, disegni e pensieri che oggi sono una miniera per collezionisti affamati di pezzi unici, una collezione privata di sofferenze destinata ai migliori offerenti di un’asta ospitata da “Christie’s”, a New York. Un po’ come ha fatto Mary Austin, l’unica donna di Freddie Mercury, che dopo più di 30 anni dalla morte dell’uomo che non poteva amarla ha scelto prima di vuotare la casa che lui le ha donato e subito dopo di metterla in vendita.

Quella di Pattie Boyd è una corrispondenza, ma secondo chi l’ha letta ha dei tratti “strazianti”, e comunque rappresenta la prova del “più grande triangolo amoroso nella storia della musica”.

“Per 23 anni sono stata prima la signora Harrison e poi la signora Clapton: ero una sconosciuta diventata celebre, sempre all’ombra di qualcuno. Se entravamo in un negozio, il commesso spalancava la porta a George e lasciava che sbattesse in faccia a me. Per capire di fossi ho dovuto accettare anni di psicoterapia. Nostalgie e rimpianti? Neanche una. Mi piace pensare alla straordinaria fortuna di essere stata giovane in quel periodo magico”.