Chiamatelo paradosso, oppure un cambio di paradigma e di abitudini, ma comunque lo si guardi, è in atto una profonda stranezza: malgrado ormai viviamo tutti esistenze con lo smartphone perennemente fra le mani, lo usiamo sempre meno per telefonare.
È vero, ormai le app di messaggistica sono talmente tante da potersi permettere di conversare amabilmente usando per di più le faccette degli “emoticons”, ma il piacere della vecchia e sana chiacchierata – quella che un tempo per di più si faceva di persona – si va perdendo in modo inesorabile.
Prima di chiamare, secondo una recente ricerca sull’argomento realizzata “Sky Mobile” e riportata dal “The Irish Time”, le nuove generazioni preferiscono farsi precedere da un messaggio che avvisa la prossima chiamata. In pratica, nel giro di una decina d’anni scarsi, la telefonata è passata da banalità quotidiana a sinonimo di maleducazione. Una teoria, secondo la ricerca, che vale per il 26% dei giovani fra 18 e 24 anni, con l’aggiunta di un 20% che si meraviglia non poco quando il telefono squilla all’improvviso.
Paula Higgins, direttore della formazione presso Professional Development, una società che organizza corsi di formazione sulle competenze aziendali, afferma che l’ansia da telefonata è un problema individuato di recente dalle grandi aziende dotate di call center: “Le persone sono sempre riluttanti all’idea di alzare il telefono e mettersi in gioco in quel modo”. Gli fa eco Duncan Brumby, professore presso l’University College di Londra, autore di una ricerca sull’impatto delle chiamate sugli utenti di smartphone. “È buffo: continuiamo a definire questo oggetto telefono quando in realtà non lo è. È un piccolo computer, al punto che la maggior parte delle persone lo usa regolarmente tutto il giorno, ma soltanto una frazione molto piccola del tempo è dedicata alle chiamate”.
L’ansia di fare e ricevere telefonate non è un fenomeno nuovo: nel 1929, il poeta britannico Robert Graves aveva messo addirittura per iscritto il timore reverenziale di usare il telefono e nel 1980, Raymond Carver cita le telefonate improvvise nel testo di “Paura”. Ma nei decenni successivi, tanto nella vita professionale quanto in quella privata è diventato un gesto inevitabile, oltre che necessario.
Con l’avvento della tecnologia, tutto è cambiato. Oggi ci sono molti modi per evitare le telefonate, sia che si tratti di inviare un'e-mail, un testo o un messaggio diretto sui social media. Non solo: una call con collegamento video permettono di vedere il volto dell’interlocutore, cosa che il semplice telefono non permette. Di conseguenza, non solo la fobia del telefono è diventata più comune, ma anche culturalmente più visibile, al punto che esiste uno stato di ansia preciso che la descrive: la “phone anxiety”.
La riluttanza a rifiutare le chiamate è solo un esempio del nuovo galateo delle telefonate in atto tra millennial e Gen Z. Per molti di questi gruppi, il rifiuto delle telefonate è un’abitudine e chiamare qualcuno all’improvviso è quasi del tutto impensabile.
In base alle conclusioni della ricerca, una telefonata inaspettata è spesso considerata un segnale di emergenza, quindi la mente crea un’associazione negativa per default. Ma anche tentando di restare al di fuori di un contesto clinico, perché i giovani disprezzano così tanto le telefonate? A non piacere è l’elemento sorpresa, perché non lascia il tempo di ragionare sulla risposta come invece fa un messaggio.
Eppure, il fatto che le telefonate siano in declino non significa che lo sia anche la comunicazione: le persone scelgono sempre più interagire tra loro in modo diverso. Ognuno di noi ha sullo smartphone qualche decina di gruppi WhatsApp, decine e decine di persone diverse che condividono i loro numeri o i loro social. E in fondo, è proprio la tecnologia a richiedere sempre meno la necessità di parlare al telefono: le app di beni e servizi come Deliveroo, Uber e Just Eat prediligono gli ordini via app. Per finire, c’è poi l’ascesa delle telefonate truffa, che ha reso persone di tutte le età comprensibilmente diffidenti nei confronti delle chiamate da numeri sconosciuti.
Ma per quanto riguarda il modo in cui gli esseri umani e le interazioni possano cambiare a causa della tecnologia, il professor Brumby dell’UCL mette in guardia da una lettura errata della phone anxiety: “Non credo che le persone siano diventate più timide o riservate. Credo piuttosto che si adattino più velocemente di un tempo al contesto in cui si trovano. Si opta sempre più spesso per strumenti di comunicazione perché sono modi più efficienti di farlo”.