A Strasburgo hanno deciso: non potranno essere utilizzati 29 termini precisi fra cui burger, salsiccia, bistecca, escalope, pollo, manzo, maiale, pancetta, prosciutto o bacon per prodotti privi di carne.
Una decisione che mette fine ad una querelle durata anni basata sulla trasparenza e chiarezza verso i consumatori richiesta a gran voce parecchi anni fa dal comparto zootecnico, a cui si erano al contrario opposte le aziende che producono cibo “plant-based”.
Dopo la pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE, secondo cui in mancanza di una definizione univoca su tutto il territorio europeo, nessuno poteva al momento vietare termini come “steak” anche se abbinati a prodotti di origine vegetale che di carne non hanno nulla. Per mettere la parola fine alla questione, partita dalla proposta dell’eurodeputata francese Céline Imart di vietare nomi specifici, mesi fa la Commissione Agricoltura aveva approvato un emendamento con 33 voti a favore, 10 contrari e 5 astenuti, culminato con la recente decisione di dichiarare ingannevoli e quindi vietati termini come “salsiccia vegetale” o “burger vegetale”.
Ma tutto questo non significa che la rivoluzione sia prossima, perché il dossier deve prima passare al vaglio dei “triloghi”, come sono definiti i negoziati informali fra Parlamento, Consiglio e Commissione, le tre istituzioni europee a cui spetta il compito di stilare la versione finale del testo e soprattutto stabilire i tempi e modalità di applicazione. Da qui in poi, la norma andrà ancora discussa con i singoli stati membri.
Resta comunque chiara l’intenzione del Parlamento UE di segnare una netta linea di demarcazione fra le varie definizioni di cibo, distinguendo le alternative vegetali da quelli che a base di “parti animali commestibili”.








