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Con l’arrivo dell’estate, la Reggia di Venaria torna a proporre interventi d’arte contemporanea. Dopo le installazioni permanenti di Giuseppe Penone, Giovanni Anselmo, Mimmo Paladino e gli interventi temporanei di Tony Cragg, Mario Merz e Riccardo Cordero, dal 21 giugno al 10 novembre l’ospite d’onore è Luigi Mainolfi. Di questo affermato artista, campano di nascita ma che dagli anni Settanta vive e lavora a Torino, sono esposti più di 20 lavori, realizzati tra il 1978 e il 2020, ambientati nella Corte d’Onore e nel Gran Parterre dei Giardini della Reggia.

Le opere, selezionate dal Direttore generale del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude Guido Curto e dalla Conservatrice della Reggia di Venaria Clara Goria, sono tutte a tema zoomorfo, da qui il titolo, “Bestiario”, che rimanda ai Bestiari dei codici miniati medievali illustrati con raffigurazioni di animali reali e immaginari, e anche alla zoologia fantastica dello scrittore e poeta argentino Jorge Luis Borges. Un tema caro a Mainolfi, già autore del “Bestiario del Sole”, popolato di colorate creature metamorfiche, sospese tra mito e fiaba.

Il Bestiario di Mainolfi si insinua nelle architetture barocche, invade le verdi geometrie dei giardini ed entra in contatto con la presenza di cerbiatti e della fauna selvatica del vicino parco La Mandria, riserva naturale di biodiversità. Sono creature fantastiche e mutanti, che paiono dialogare con gli animali raffigurati nella Reggia di Venaria, dedicata fin dalla metà del Seicento al mito di Diana, dea della caccia e della Luna.

Sulle terrazze della Torre dell’Orologio svettano le alte Gabbie e si affacciano verso il centro storico di Venaria le Caprette blu, lo Struzzo, Cervallo piramide e Solcavallo (in tondino di ferro). Dalla Corte d’onore si accede al Loggiato della Sala di Diana, dove scoprire Alatino e una sequenza di coloratissime Bandiere. Nel settecentesco Gran Parterre del Parco Alto sui prati verdi le Centaure e Titan, a evocare presenze mitologiche, e altri animali in bronzo dalle denominazioni e forme immaginifiche:Apesse, Malat, Nominon femina e Nominon oro, Scosso, i Silontes e Soltitan. Nella juvarriana Cappella di Sant’Uberto sono esposte due sculture a forma di grandi conchiglie di bronzo sospese su acuminati peduncoli come moderne acquasantiere: Isole, approdate da lontani Arcipelaghi. Così la mano dell’artista plasma la materia, al pari della natura, secondo le parole dello stesso Mainolfi che afferma: “Questa mia scultura tenta di diventare natura nonostante le tentazioni avverse”.

Un immaginario potente del mondo mediterraneo e del Sud del mondo, dalla valle Caudina (in Campania dove Mainolfi è nato) al Venezuela (dove ha vissuto da bambino con la famiglia), ai viaggi nel sud-est asiatico e in Oceania, caratterizza i lavori di Mainolfi. Tra tanti basti citare la monumentale “Campana”,1978-1979 (Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea), recentemente restaurata presso il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”.

Le installazioni messe in scena permettono di ripercorrere l’attività di Mainolfi a partire dagli anni Settanta: da Alatino (1978), un autoritratto come un Icaro in formato ridotto (in ceramica e piume di uccello), fino alle più recenti Bandiere (2007-2020). Tra le prime produzioni in bronzo le Isole dell’Arcipelago (1983), per arrivare al gruppo di sculture bronzee (2004-2016) installate nel Gran Parterre, e ritornare infine alla leggerezza del “disegno in ferro” delle Gabbie (1996-1999), con l’invito di Mainolfi a guardare verso l’alto facendo “un piccolo tentativo di volo, di staccarci da terra”.

Luigi Mainolfi, nasce nel 1948 a Rotondi (Valle Caudina) in Campania. Dopo gli studi di pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli è attratto dal panorama artistico e culturale torinese che negli anni Settanta rappresenta il centro dell’avanguardia artistica italiana e nel 1973 vi si trasferisce. Per informazioni: www.lavenaria.itwww.residenzerealisabaude.com