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Si avvicina una tendenza della ristorazione che presto potrebbe prendere piede anche da queste parti: prenotare un tavolo al ristorante versando una caparra. Per i ristoratori una sorta di manna dal cielo, non tanto per la cifra ma per limitare il fenomeno del “no show”, l’incivile abitudine di non disdire la prenotazione se per qualsiasi motivo sono cambiati i programmi.

Secondo una ricerca del settore, il 28% dei clienti statunitensi ogni anno non si presenta al ristorante prenotato, da qui l’idea di responsabilizzare il cliente con una “reservation fee”, un deposito o una caparra sulla carta di credito compresa fra 25 e 50 dollari che ovviamente sono scalati dal conto a fine cena. Altri, i locali più ricercati e di lusso, arrivano a chiedere una tassa fissa per la prenotazione, assicurandosi un guadagno anche soltanto da quella.

In un mondo giusto, la prenotazione dovrebbe essere un vantaggio che permette al cliente di avere il posto assicurato all’ora che desidera, e al ristoratore di organizzare meglio il lavoro del personale. Ma non va così.

Il trend, guarda caso, ha preso il via da New York, l’epicentro del mondo, la città dove il pianeta testa le novità e poi decide se esportarle o meno: sono ormai decine i ristoranti che al momento della prenotazione chiedono una cifra simbolica ma sufficiente a inculcare un po’ di sana educazione nella clientela più becera. E secondo notizie aggiornate, diversi ristoranti italiani iniziano ad applicarla: oltre a Roma e Milano, ha fatto discutere la ferrea decisione di un locale di Firenze che richiede una caparra obbligatoria di 55 euro. Una decisione arrivata dopo aver sopportato un’infilata di prenotazioni a vuoto che a fine stagione poteva essere quantificata in una perdita di 64mila euro.

E c’è anche chi fa peggio, come un ristorante stellato altoatesino in cui se il cliente non si presenta, si vede addebitato sulla carta di credito lasciata in garanzia l’importo del menu degustazione. Ma è un caso isolato: in caso di cancellazione, in genere se compresa fra 12 o 18 ore prima, la cifra viene rimborsata, perché al di là della maleducazione, l’inconveniente può comunque succedere, ma è indubbio che in questo difficilmente - prosegue la ricerca - chi ha versato la caparra non si presenta al ristorante, perché tanti o pochi che siano perdere soldi non piace a nessuno.

In tutto questo, va considerato anche un altro aspetto: malgrado la caparra sia ormai accetta serenamente su diverse prenotazioni, mettere paletti così rigidi nella ristorazione può avere un effetto controproducente sulla clientela.